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VENERDÌ 2 MARZO 2018
“Il mio Regno non è di questo mondo”. (Gv 18,16)
La tua maestra, Giacinta, mi ha raccontato che quel mattino a scuola eri distratto, quasi assorto e non ti concentravi sul lavoro, tanto che ti ha chiesto: “Ma Dani, stai bene?” e tu “No, cioè si!”.Poi si è sentita sollevata nel vederti all’uscita correre saltellante incontro a tuo papà e felice per la neve che quel mattino era scesa a visitare Milano. L’ultimo disegno che ci hai lasciato sul tuo quaderno,è stato una fila di bambini che lasciavano andare dei palloncini bianchi verso il cielo: proprio come quelli del giorno del tuo funerale,o come quelli alla conclusione della partita di Michele subito dopo la tua nascita al cielo, in tuo saluto.
Al mio ritorno a casa tardivo (dopo il lavoro ero passata dalle nostre amiche suore di madre Teresa) mi hai abbracciato fortissimo, cinguettando “che bello,finalmente sei arrivata!Ti aspettavo”, contento della possibilità che avremmo avuto di rimanere “tutto il fine settimana sempre insieme”.
Anche se era già tardo pomeriggio, hai voluto a tutti i costi accompagnare il papà a fare la spesa, nonostante ti avessimo dato l’alternativa dei cartoni animati (io infatti ero appena tornata e dovevo ancora preparare la cena).Dopocena avresti anche voluto accompagnarci all’adorazione quaresimale in chiesa, ma eri così stanco e noi così in ritardo, che ci hai atteso giocando e guardando i cartoni con Elisa e Michele. Al ritorno, appena inserita la chiave nella serratura, abbiamo sentito i tuoi passi festosi correrci incontro e ci siamo scambiati più coccole strappandoci la promessa di proseguirle per un poco anche nel lettone, inframmezzate dalla preghiera serale prima del riposo. Come al solito hai voluto pregare per tutti i bambini del mondo, quelli “ affamati, assetati, senza casa, senza genitori, senza giochi, senza Tv ,in guerra, incatenati, tristi, malati,che stanno male, in prigione, persino per quelli morti(e se ti dicevo che non c’era bisogno di pregare per quelli morti perché non c’è nessun bambino che muoia senza andare in Paradiso, tu rispondevi “vabbé allora prego per prima che muoiono…”)e, come al solito i tuoi fratelli si sono arrabbiati con te perché “non la finivi più”. Loro sono sempre stati convinti che tu lo facessi per tirarla alle lunghe, o per far loro un dispetto. Ma io, che so la purezza del tuo cuore, non ho mai avuto dubbi sulla “missionarietà” delle tue intenzioni. Pensa quante volte ho immaginato che anche tu, da grande, avresti potuto essere missionario!
Quella, ormai notte, ricordo che non volevi più scendere dal lettone, così ti ho permesso di accoccolarti al mio fianco ancora il tempo che finissi di leggere la meditazione con una mano sul libro e l’altra che ti accarezzava i capelli. Nel frattempo pensavo che ti fossi assopito ed ero pronta a portarti sul tuo lettino e, invece,hai aperto subito gli occhietti e mi hai chiesto di raccontarti che cosa stavo leggendo. Allora ti spiegai che stavo meditando l’incoronazione di spine di Gesù, così come l’aveva ricevuta in visione la serva di Dio Luisa Piccarreta. Così ti ho brevemente raccontato della corona di spine posta più volte sul capo di Gesù.Tu ti sei commosso fino alle lacrime e hai iniziato a dire: “Poverino Gesù,poverino! Mi dispiace così tanto! Ma perché gli hanno fatto così?”.Come poterlo consolare?Sono sicura che lo hai fatto offrendogli il mal di testa dell’indomani.
SABATO 3 MARZO 2018
“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. (Mt 5,8)
Quel mattino ti sei svegliato arzillo e affettuoso come sempre, anche se alla mia idea di fare i compiti con lo zio Francesco hai protestato tenacemente; volevi aspettarmi a tutti i costi. Era il primo sabato del mese e nella mattina le nostre amiche suore invitano i volontari e i collaboratori a un momento di ritiro. Ricordo di essermi confessata da un sacerdote che porta il tuo nome e di aver condiviso con lui il desiderio di divenire collaboratrice delle Missionarie della Carità. Quel mattino avevo chiamato mio cugino Francesco perché ti facesse compagnia e, possibilmente ti aiutasse a fare i compiti. Ma anche con lui non ne hai voluto sapere, e così si è rassegnato ad uscire con te a giocare con la neve, quella neve che tu amavi tanto. Forse era scesa a marzo proprio quasi come un invito per tea salire?Quando sono rientrata dalle suore di Madre Teresa mi hai detto di avere mal di testa e, subito, non so perché, ma mi è tornata alla mente la corona di spine di Gesù. Anche Francesco, sorpreso, ha voluto trattenersi ancora un poco con te. Forse anche lui intuiva la preziosità di quei momenti che non sarebbero più tornati?
Dopo un breve momento di riposo sembravi però di nuovo in forma e, quando ti ho chiesto se te la sentivi di andare al PIME per l'attività al museo, ti sei tirato su come un lampo, cinguettando: “Ma certo che ci voglio andare!”. Al museo del PIME ti muovevi come fossi a casa tua e, dopo una visita d’obbligo alla tigre, su cui avresti tanto voluto andare cavalcioni ( ma per sua fortuna era protetta dalla vetrata), sei sceso volando giù dalle scale e precedendomi al punto del ritrovo. Sapevi quasi tutte le risposte della caccia al tesoro organizzata al museo e, alla fine, hai meritato la medaglia di “Direttore del museo”, ad honorem.
Dopotutto hai frequentato il PIME e il suo museo fin da piccolissimo, diventando amico dei missionari che vi risiedevano. Il tuo primo amico missionario è stato Padre Gianpaolo, direttore del PIME nei tuoi primi anni di vita e ora rientrato in Bangladesh. Pensa che nel suo recente breve soggiorno in Italia, ha voluto celebrare una Messa per i tuoi primi sei mesi di Cielo e nella sua predica, riprendendo la prima lettura, ti ha definito “pietra viva” di “un sacerdozio santo”.A padre Gianpaolo è succeduto al PIME padre Alberto, che ora è in Cambogia, e anche di lui siamo diventati amici, al punto che stiamo tentando di aiutarlo a ampliare la sua scuola a Pka Doonga tuo nome, sperando di poter dare anche a te un futuro scolastico nei bambini che siederanno sui nuovi banchi di quella scuola.
Del PIME ti piacevano molto anche gli incontri pieni di giochi con le famiglie missionarie e gli spettacoli teatrali. E poi volevi sempre ti ri-raccontassi la storia di me e papà che lì ci eravamo conosciuti , al cui termine mi chiedevi col tuo sguardo furbesco “ma mamma, proprio davanti alla tigre?” e ti brillavano gli occhi all’idea che proprio quella tigre fosse stata testimone dell’inizio della storia d’amore dei tuoi genitori.
Ma torniamo al tuo ultimo sabato e nostro al rientro a casa, dove sembravi in forma finché hanno squillato il campanello verso le 19,00, per venirci a far visita, i nostri amici Carletto e genitori, quando di nuovo mi hai detto: “Mamma mi sento male”. Mentre porgevo loro la reliquia di don Carlo Gnocchi, affinché aiutasse nella vita il suo piccolo omonimo, ti sei accoccolato tra le mie braccia, tanto che io, stupidamente, ho pensato potessi essere un poco geloso del tuo amichetto. Invece tu volevi molto bene a Carletto, per la cui nascita tanto avevi pregato con me lo scorso agosto a Medugorje; così tanto e bene, che è il primo che hai voluto salutare quando hai spiccato il tuo volo per il Cielo. Intanto ti ho misurato la febbre ma ne avevi solo qualche linea,comunque ho telefonato agli amici che ci aspettavano per cena, per avvisarli del tuo malessere. Loro, tenendoci, ci hanno proposto di trasferire la cena da noi, così da evitarti il freddo e il disagio di non poterti appartare nel tuo lettino, caso mai ne avessi sentito il bisogno.
Ma, e questo lo avrei capito solo poche ore dopo, tu in quel momento avevi un solo desiderio: appartarti solamente sul mio cuore. Così quella sera sei rimasto avvolto dalle mie braccia, e tale sei rimasto per tutta la cena. A differenza di altre occasioni, non mi sono sentita limitata nei movimenti,anzi provavo un senso di dolcezza nuova, come se ti percepissi ancor più prezioso al mio cuore. L’indomani ci sarebbe stato il pranzo in parrocchia, ma l’ho annullato e ciò non mi spiaceva. Sentivo che la tua sola compagnia sarebbe stata abbastanza per riempire il mio cuore. Elisa e Michele sarebbero stati via con gli scout e papà era di turno in ospedale. Dopo cena, invogliato dagli amichetti, ti sei rianimato in un battibaleno e hai ripreso a rincorrerti e saltare con loro sui divani. Quanto mi faceva piacere vederti così vispo! Non mi è nemmeno venuto di riprendervi,anche se saltare sui divani bianchi con piedi neri, non era proprio l’ideale. Quando però gli amici hanno iniziato a strimpellare con la chitarra e battere i bonghi,ti sei appartato nella tua cameretta, infastidito dal rumore. Mi sono sentita di seguirti e, con sorpresa,mi sono accorta che stavi piangendo. Ricordo allora che ti ho abbracciato, baciato e chiesto cosa stesse ferendo il tuo cuore. Mi hai risposto:“Mi danno fastidio i rumori, loro non la smettono e io, allora, mi metto sotto il cuscino”. “Tesoro vieni, andiamo a dirgli di smettere”. “Gliel'ho detto ma non lo fanno”.
“Vieni, forse glielo possiamo chiedere ancora” e ho aggiunto, sorprendendo me stessa di parlarti così: “Tesoro sei il mio cuore, e se sei infelice non posso stare di là con gli altri senza dolore”. Forse pre-sentivo nell'inconscio dell'anima che il tempo degli abbracci si stava avvicinando a scadere?Tu mi hai abbracciata forte,ripetendomi ancora che ero la mamma più gentile del mondo … Sapevi sempre come far sciogliere il mio cuore! Gli amichetti ci hanno ascoltati e così, cessato il rumore tu sei tornato allegro e giocoso. Quando poi gli ospiti sono tornati a casa, tu non ne volevi sapere di dormire da solo, così ti ho tenuto con me nel lettone.
Quella sera mi ha anche chiamato un’amica in crisi col marito e tu, mentre con la mano ti carezzavo, mi sussurravi: “Mamma ti voglio tanto tanto bene” e: “Mamma voglio stare con te”. Al termine della telefonata mi sono scusata per essermi attardata al telefono con quest’amica e te ne ho spiegato il motivo. Ma tu, con la tua consueta innocenza mi hai risposto: “Ah mi spiace”, e insieme abbiamo offerto un’Ave Maria per loro. Non ho osato riportarti nel tuo lettino, finché non ti sei addormentato,e ricordo che mi spiaceva farlo. Avrei voluto tenerti ancora con me.
DOMENICA 4 MARZO 2018
“Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”. (Mc 14,36)
È domenica e al risveglio avendo la febbre, hai preferito rinunciare alla colazione anche se ti sei seduto ugualmente al tavolo per stare al mio fianco. Poi ti sei poi accoccolato in braccio a me, ma ancora ti doleva la testa. Mi hai chiesto se volevi che facessimo i compiti ma, sapendoti sofferente, ti ho proposto di aspettare. Siamo andati una mezz'oretta dalla nonna perché volevo andare a votare e tu lungo il tragitto saltellavi, eppure io non ero serena a lasciarti e al seggio ho avuto un piccolo cedimento, tanto che per evitare di svenire, ho chiesto dell’acqua e una sedia. Non vedevo l'ora di ritornare da te. A pranzo mi hai chiesto la pasta in bianco, rifiutando le lasagne, e di questo mi sono stupita. Quando te l’ho preparata mi hai detto sorridente: “Mamma grazie, sei davvero gentilissima!”.
“Per così poco?”, ti ho risposto. “Sei la mamma migliore del mondo!”, hai ribattuto. Tesoro caro, sei sempre stato un bambino dall’animo e dalle parole gentili, e in quei giorni ringraziavi ancora di più,sempre, per ogni cosa, persino tutte le volte che ti porgevo l’acqua. Quel tuo ultimo pomeriggio avevi continuamente sete. Sempre per contentarmi mi hai ridato la tua disponibilità a fare i compiti,ma avvertivo il tuo malessere che cresceva e, ancora una volta non ho voluto esaudire la tua richiesta: “Amore non ti preoccupare, li faremo dopo quando starai meglio. Ora riposiamo”. Ma tu insistevi: “No, no, bisogna farli, la maestra li vuole!”. Allora ti ho tranquillizzato: “Tesoro ma se non stai bene ti faccio la giustifica”. “Davvero?- e un guizzo di luce ti è brillato negli occhi - si può?”. “Certo che si può. Adesso stai tranquillo, poi vediamo come starai. Se hai la febbre, neanche ti ci mando a scuola”. Daniele caro, quanto mi piacevano i tuoi occhi sempre luminosi!
Intanto ho telefonato a tuo papà affinché cambiasse il suo giorno di riposo, così che lunedì potesse starti vicino lui.“E se rimango a casa,con chi sto?Con Angelica?”, mi hai chiesto.
“Amore mio, - ti ho risposto - se stai così, preferisco che papà cambi il suo turno di riposo”.
“Ma mi spiace che debba farlo, a me va pure bene stare con Angelica”. Forse sapevi non ci sarebbe stato l’indomani? Allora però pensavo fosse solo uno scrupolo del tuo cuore gentile, così ti ho aggiunto: “Ma a papà fa piacere stare con te”. E tu mi hai sorriso.
Intanto vedevo che la tua sofferenza cresceva,tanto che, verso le 15,00 ti ho chiesto se volevi che ti portassi all’ospedale, ma tu mi hai risposto:“No, voglio solo stare con te mamma!”, e hai posato la tua manina sulla mia. Amore mio, mentre ti scrivo, che cosa non darei, ora, per risentire il tepore della tua manina, l'odore della tua pelle e l'incantesimo dischiuso in ogni tuo abbraccio!
Abbiamo offerto il tuo mal di testa in un’Ave Maria.Dopo di ciò il tuo sguardo si è fatto più strano: sembravi fissare in un “altrove” che a me non era dato di vedere. Anche le tue pupillesi restrinsero. Erano, forse,Gesù Bambino con la Sua Mamma del Cielo,che ti stavano invitando nella Loro Luce?
Cesare Pavese, scriveva: “Ti ride negli occhi la stranezza di un cielo che non è il tuo.”
Strano il tuo sguardo,strana l'atmosfera nella stanza,strano il mio cuore.
Ti ho chiamato a voce alta: “Dani che c'è?Non farmi scherzi!”. Mi è sembrato che ritornassi in te, e così, scambiandoci dei baci,ti ho ridetto il mio bene immenso,aspettandomi il tuo consueto: “Ma io di più!”, ma tu eri troppo esausto per rispondermi. Così ti ho timidamente accennato: “E tu?”. Chiudendo gli occhi, mi hai sussurrato: “Ma mamma, lo sai!”, e ti sei addormentato tenendomi per mano.
Al risveglio sembravi stare meglio e hai esclamato:“Mamma non ho più mal di testa!”.Chissà se lo dicevi per davvero o per strapparmi un sorriso.
Eri un bambino d'oro, il più sensibile del mondo e in tutto cercavi sempre di farmi piacere. Io, sdraiata al tuo fianco, avvertivo la purezza del tuo cuore e mi sentivo immeritatamente onorata di averti per figlio. Già avvertivo la sproporzione d’amore tra il tuo e il mio cuore. Hai tentato di alzarti ma sei caduto afflosciandoti sul pavimento, così ci siamo riaccoccolati sul letto. Hai voluto sollevarti per guardare un merlo sul davanzale,ed eri contento di quella visita: sostava e non volava via. Tu gli sorridevi e gli tendevi la mano. “Mamma che bello, guarda, non scappa!”“E’ vero – ti risposi -, non scappa. Noi non possiamo uscire, così lui, dal giardino è venuto a rallegrarci”.
Poi ti sei riaccoccolato e, nel dormiveglia, hai detto: “Il mio Gemello mi chiama”. Ed io, prontamente, ti risposi: “Tesoro non ci sono gemelli nella stanza,guarda, ci siamo io e te soli”. E tu mi guardavi stranito e io pure mi sentivo stranita, e non sapevo chi dei due fosse più vicino al sogno. Era forse quel merlo il tuo gemello? O Gesù Bambino venuto a prenderti con il suo cocchiere in lucida livrea?
Nel giardino non c’è canto di uccelli,
tutte le porte sono chiuse nella strada deserta.
Chi sei tu unico viaggiatore?
O unico Amico, o Amore
la porta della mia casa è aperta
non lasciarmi solo,
non te ne andare come un sogno.
R.Tagore
Sono uscita per partecipare alla S. Messa, chiedendo a mia mamma di vegliare su di te fino al mio ritorno. Intanto tu dormivi, ma nel sonno, i nonni mi hanno poi raccontato che parlavi e dicevi:“Ma… però … ma … però”.Ascoltandoti, tuo nonno, ha pensato che tu stessi rispondendo ad una chiamata misteriosa, quasi volessi dire: “Ma, e lamia mamma?Però sia fatta la tua volontà!Ma, e il mio papà?Però si è fatta la tua volontà!”.Tesoro aiutami a dirlo, anche io, “non vorrei.. ma… Però sia fatta la tua volontà!”
Quando sono tornata a casa eri spossato sebbene mi sembrassi meno febbricitante di prima. Eppure mi hai detto:“Mamma sto male!”.Infatti avevi i conati di vomito. Scendendo dal letto per andare fino al bagno sei caduto afflosciandoti una seconda volta, vomitando sul pavimento. Una volta ripulito continuavi a scusarti e a ringraziarmi per non fartelo pesare: “Come sei gentile mamma”. Ed io pensavo: “Che piccolo principe e che dono grande avere un bambino così gentile!”, e ringraziavo Dio. Mai avrei immaginato chela parabola della tua vita fosse già al suo compimento! Intanto per la terza volta ti sono venuti i conati di vomito, hai provato ad alzarti, e per la terza volta sei caduto.
Così ti ho portato un secchio sul letto,mentre ancora ringraziavi,sei caduto addormentato. Perdonami tesoro se,non conoscendo il futuro, ne ho approfittato per lavarmi i capelli, perdendo del tempo che non sapevo fosse ormai così tanto prezioso. Improvvisamente, dal bagno ti ho sentito chiamare, dicendomi ancora: “Mamma sto male” essendo tornati i conati di vomito. Però, prima che facessi in tempo ad accorrere, ti era venuta in soccorso tua sorella rientrata da poco dagli scout.
Ti ho sentito ringraziarla con il tuo immancabile: “Sei la sorella migliore del mondo!”. Non hai voluto cenare, ma mi sei stato in braccio mentre buttavo giù due bocconi. A tavola c’erano anche tua sorella e tuo fratello, e tu ti sei addormentato. Ti ho adagiato sul lettone e mi sono accoccolata al tuo fianco. Avevi il sonno leggero e spesso aprivi gli occhi e cercavi la mia mano. Gustavo la dolcezza di quella tua manina e del tuo respiro così denso d'amore. Ti ho accarezzato, baciato e tenuto sul cuore, avvertendo una preziosità non più scontata. Quando ogni tanto ti svegliavi,mi chiedevi: “E papà?”. Tu lo aspettavi, vero? Non volevi andartene senza salutarlo. Ti ho spiegato che era ancora al lavoro e che,anche se si faceva tardi, sarebbe arrivato, e che pure l'indomani sarebbe stato con te tutto il giorno. |