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FOTO PIERGIANNI RIVETTI

Nell’anno 1991 o 1992, il GAM di Roma, ha organizzato un’uscita comunitaria sul Gargano. Nella stanza d’albergo con me c’erano: Maurizio il fratello di Luca, Valerio, e Giovanni. Nella stanza adiacente la nostra c’erano Luca, Cristian e Carlo. Un’allegra brigata, senza dubbio. Come succede spesso tra ragazzi adolescenti, ci divertivamo con i “confinanti” a farci degli scherzetti. Non ricordo più chi le avesse portate, ma ecco saltar fuori tre o quattro “miccette”, quelle piccoline che una volta accese fanno degli scoppietti, e abbiamo iniziato a lanciarcele tra di noi. È stato un vero spasso! Una volta finite, sono anche terminati i nostri giochi “goliardici”, e ci siamo ritirati nelle nostre camere. La luce era ancora accesa e mentre stavamo parlottando tra di noi, con la coda dell’occhio, mi è parso di veder salire verso il soffitto un po’ di fumo. Lì per li non ci ho fatto caso più di tanto e abbiamo continuato a parlare. Ma quel fumo visto poco prima non era un sogno, ma realtà, e oltre al fumo si sentiva odore di bruciato. Che cosa stava succedendo? Con uno scatto alzo il cuscino e che cosa vi trovo sotto? Una piccola miccetta che stava bruciando lentamente. Praticamente durante il gioco quella miccetta era volata sul mio letto e schiacciata dal cuscino non era scoppiata come le altre; invece a contatto con l’aria ha fatto il “suo dovere” accendendosi in un attimo. Sono scattato in piedi, ho preso il cuscino e l’ho portato subito in bagno mettendolo sotto l’acqua. “L’incendio” è stato così subito domato! Rimaneva però un altro problema da risolvere: che farne del cuscino bruciato? Come farlo sparire per non essere “beccati?”.

Ricordando quel momento, ancora adesso, pur a distanza di tanti anni, non riesco a trattenere il sorriso, proprio come quella sera quando non riuscivamo più a smettere di ridere per l’accaduto. Intanto passò la notte. Il mattino successivo ecco riprendere il piano escogitato la sera prima. Chiamiamo Fabio e gli mettiamo il cuscino dentro lo zaino. Destinazione?  Da bravi fessacchiotti, direi oggi, il cassonetto della spazzatura che si trovava nel cortile dell’albergo. Così abbiamo fatto e a missione compiuta, andammo tranquillamente a colazione insieme a tutti gli altri, senza svelare il nostro “segreto”. Purtroppo “avevamo fatto i conti senza l’oste” perché, la donna delle pulizie notando che mancava un cuscino e che il lenzuolo nella parte sotto era leggermente annerito, andò subito a riferire la cosa ai gestori dell’albergo i quali, quasi istintivamente, andarono a controllare nei cassonetti della spazzatura. Trovato il “corpo del reato” convocarono Franco e Annamaria. Vi lascio immaginare la reazione e la bella ramanzina che ne è conseguita. Noi, tra il serio e il faceto, prendemmo atto della bravata. La gita riprese e terminò senza nessun altro “incidente” di percorso. Di quell’uscita restò memorabile il ricordo della miccetta inesplosa e ancora oggi, il riso di Luca rimane un bellissimo ricordo!”.

Ecco carissimi, il GAM è anche questo: gioia di stare insieme nel nome di Gesù, ridere e scherzare, divertirsi in modo sano e contagioso. Sicuramente anche la Mamma Celeste, don Carlo e don Bruno, quel giorno, risero di gusto per l’accaduto. Tante altre vicende dal sapore GAM, Luca le ha poi vissute sia personalmente, sia con le varie attività allora proposte. La Celeste Condottiera non si è mai dimenticata del “passaggio” di questo Suo figlio, nel Suo Movimento. Tutti coloro che sono passati nel GAM, hanno ricevuto gratuitamente e gratuitamente hanno dato (cfr. Mt 10,8), pertanto “i vincitori sono scritti nel Libro di Vita dell’Agnello e siederanno accanto a Lui sul Suo trono” (cfr. Ap. 3,21), e non perderanno la loro ricompensa. Ecco perché l’eternità non basterà per dire GRAZIE di avere incontrato il GAM e di averne fatto parte!  “L’operaio è degno della sua mercede” dice Gesù (Lc 10,7), e a Lui non sfugge nemmeno un “bicchiere d’acqua”, quand’è dato per amore, nel Suo nome (cfr. Mc 9,41).
Luca carissimo, grazie di esistere e arrivederci in Paradiso! Noi continueremo a pregare per te, e tu, nella Comunione dei Santi, intercedi per noi!
Intanto gli anni passano.

LUCA GIOVANE

“Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri: vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita”  (Sal 138,23-24)
Papà Guido, che ci racconti di quel periodo?

Luca manifestò la sua passione ben presto e senza tentennamenti scelse la scuola di Telecomunicazione Ambra Elettronica. Una vera passione che ha segnato tutto il suo breve e intenso percorso di vita. Anche nella scuola superiore, per cinque anni ha dato il meglio di sé, sia in intuizione, sia in autonomia. Dalla scuola è uscito con buoni risultati che lo hanno abilitato e lanciato nel mondo dell’ARMA. Luca era felice perché sapeva di aver fatto la scelta migliore. Ancora una volta era riuscito a dare il meglio di se stesso.

Mamma Felicia, hai trepidato quando Luca è entrato nell’Arma?
Sì, non è stato facile accogliere questa sua scelta. Conoscevo bene mio figlio e sapevo che lui non si sarebbe mai tirato indietro davanti a niente.  Infatti, terminata la scuola all’età di diciannove anni, è entrato nell’Esercito Italiano e quasi come un banco di prova, è stato inviato nell’ex Jugoslavia. Per essere una recluta alle “prime armi”, non è stata un’esperienza facile. Una volta ci ha raccontato che se l’è vista molto brutta. Mentre era con i suoi commilitoni, in un’operazione di pattugliamento, furono fermati e attaccati dall’esercito Serbo. Si salvarono grazie ad una pattuglia di americani che ha evitato veramente il peggio. Mentre ci raccontava quest’episodio, dalle sue parole e dall’espressione del viso, non era difficile capire che quella volta avrebbe potuto essere quella fatale. Tornato dall’ex Jugoslavia, è andato in Sardegna dove ha fatto il corso della scuola allievi Carabinieri. Ha vinto! La sua carriera militare era ormai avviata.                                                

LUCA UOMO

“Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio; se li conto sono più della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora”.  (Sal 138,17-18)
Papà Guido, ma tutti questi “distacchi” come li avete vissuti?

Per noi genitori non è stato sicuramente facile; però lui era contento e nelle scelte fatte sentiva la realizzazione dei suoi sogni. È rimasto in Sardegna fino a fine corso e una volta carabiniere è stato trasferito nella stazione di Bettola (PC), dove si è trovato molto bene sia con i superiori che con i commilitoni. Dopo un periodo di servizio, è stato nuovamente trasferito, prima nella stazione di Bobbio e poi in quella di Rivergaro, entrambe in provincia di Piacenza. Aveva però un sogno: rientrare nella sede della radio mobile di Piacenza. A casa c’erano Alessandra, la figlia Giada di dieci anni e il piccolo Elia di sei, ma a lui piaceva il rischio e i superiori, considerate le sue attitudini e qualità, lo accontentarono. Il suo ultimo trasferimento fu proprio nella stazione Carabinieri di Piacenza. Finalmente! Luca era visibilmente soddisfatto! Ha sempre amato l’arma dei Carabinieri sentendola come la sua seconda famiglia e per lui Piacenza era casa. L’Arma era la sua passione e si è sempre fregiato di appartenervi. Il nome dell’Arma lo ha sempre portato su un “piatto d’argento”, a testa alta e cuore pieno. Stimava i colleghi e i colleghi stimavano lui. Voleva loro bene ed era ben voluto a sua volta.

Mamma Felicia, raccontaci che cos’è purtroppo successo?
Luca si trovava da dieci giorni appena nella nuova sede ed era veramente contento del nuovo incarico. Lunedì 29 settembre 2014, giorno della festa liturgica dei Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, era al suo posto alla radio mobile. Mancavano un paio d’ore per finire il turno di servizio. Si trovava a Castel San Giovanni (PC) dove, insieme ad un suo compagno, stavano inseguendo dei malviventi che non si erano fermati ad un posto di blocco. Costoro, vistisi inseguiti, imboccarono una stradina molto stretta e la gazzella dei Carabinieri li rincorreva a velocità elevata. Su quella strada stretta un camionista aveva parcheggiato un Tir contromano e per di più in curva, occupando gran parte della corsia. Appena Luca si accorse del camion, si buttò tutto sulla destra per evitare l’impatto al suo compagno, ma fu lui a rimanere incastrato. Il suo commilitone si è salvato mentre lui ha pagato con la sua vita la fedeltà al suo impegno di servire la legalità e la giustizia. Ancora oggi mentre pronuncio queste parole, non mi sembra vero; per me è tutto come un brutto sogno che al risveglio passerà.

 

AVANTI

 

 

 


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