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SAMUELE VAIRA
“Uno sguardo luminoso allieta il cuore”. (Pr 15,30)
“Uno sguardo luminoso allieta il cuore”. (Pr 15,30)
L’avventura di questo nuovo profilo è iniziata martedì 26 maggio 2020 in un pomeriggio ben soleggiato, dall’aria mite e gradevole, una di quelle giornate ideali per una chiacchierata in giardino seduti sotto un maestoso salice piangente.
La famiglia Vaira dal lontano 1540 svolge attività vitivinicola produttiva. Nonno Talin e nonna Giovanna, nel 1969, si trasferirono e successivamente acquistarono l’ex residenza estiva del fu Barone Defanti, conosciuta come “TENUTA DEL BARONE”, in località Vergne di Narzole (CN), una grossa cascina agricola che ha dato e dà lavoro e sostentamento alla numerosa famiglia Vaira.
I primi approcci per narrare e narrarci di Samuele avvennero nel cortile-giardino della cascina definito da mamma Bruna “il Paradiso terrestre”. E questo sicuramente non a torto, perché la cascina è situata in uno dei punti più belli del paese, paragonabile ad uno scrigno verde con veduta mozzafiato su tutta la vallata circostante e sottostante. Deliziano lo sguardo del visitatore parecchi alberi da frutto, in prevalenza viti, ciliegi, pruni, piante di fico, meli, peri, cachi con piante di rose sparse ovunque e un’antica tartufaia (bosco dove cresce il famoso tartufo bianco d’Alba), luogo incantevole e amato dal nonno paterno, Francesco, che considerava, a ragion veduta, il fiore all’occhiello della cascina e tappa obbligatoria per i clienti in visita per degustare i vini prodotti dal papà di Samuele, Maurilio.
Un altro elemento importante che, entrando nel cortile, colpisce subito l’occhio è un pilone votivo dedicato a Nostra Signora di Lourdes che profuma ancora di cemento fresco, in quanto costruito nell’autunno del 2019 poco dopo la nascita al Cielo di Samuele. Chi si avvicina a questa costruzione sobria ed essenziale, al suo interno, oltre alla statua della Vergine di Lourdes e alla foto di Samuele, vi trova anche altre foto dei famigliari che sono già tornati alla casa comune, la Casa del Padre. Questo punto del cortile già più volte è diventato centro di aggregazione per famigliari, parenti, amici e vicinato, per forti momenti comunitari di preghiera. Un incontro, con la recita del Rosario, si svolge tutti i primi martedì del mese.
Ma torniamo a quel martedì pomeriggio dove ad attendere lo scrivente c’erano mamma Bruna e Isabella, la sorellina più piccola di Samuele, una bimba deliziosa con occhi azzurri, capelli a caschetto e un sorriso bellissimo. Era gioiosa, perché una piccola farfalla, che svolazzava liberamente tra i fiori del giardino, era venuta a posarsi proprio sulla sua scarpetta e lei, guidata da un limpido istinto, diceva a sua madre: “Mamma, guarda, è la farfalla di Samu!”. Ogni volta, infatti, che vede una farfalla, subito il suo pensiero va al “suo Samu” che adesso è in Paradiso in mezzo a tante belle farfalle! Vogliamo pensare ad una delicatezza di Samuele verso sua sorellina per dirle che gradisce il lavoro che si sta facendo su di lui. Nessuno ce lo può impedire e a noi piace crederlo. Pertanto accompagna la lettura di questo profilo la speranza che il giovane Samuele Vaira, ancora oggi, possa aiutare il lettore a fare della sua vita un inno di gloria a Dio, a quel Dio che rimane pur sempre un Padre buono, anche nei momenti della prova più dura.
All’inizio di questo cammino in compagnia di Samuele e della sua famiglia, vogliamo entrare in sintonia con la seguente massima biblica: “Signore insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sal 89,12). Buona lettura.
IDENTIKIT DI SAMUELE
“ Ecco un uomo in cui non c’è finzione “. (Cfr. Gv 1,47)
- Capelli neri.
- Occhi azzurri.
- Accentuata timidezza, che spesso lo rendeva schivo nei rapporti con gli altri.
- Indole buona, che mal sopportava l’essere posto al centro dell’attenzione.
- Spiccata sensibilità e attenzione soprattutto verso gli ultimi.
- Poche e scelte amicizie, preferibilmente più giovani, a causa della sua timidezza.
- Amava il nascondimento, preferendo lavorare dietro le quinte.
- Grande amante del calcio: quand’era sul campo dava il meglio di sé.
- Lento nel fare le cose, bisognava spronarlo spesso e a volte anche energicamente.
- Rapporto profondissimo con la mamma. Fino al sesto anno dormì nel lettone insieme ai suoi genitori.
- Patì crisi di gelosia all’arrivo della sorellina Miriana, ma la piccola gli voleva talmente bene che in breve tempo nacque un’intesa talmente forte che uno non poteva stare senza l’altro. Anche i genitori seppero guidare con saggezza questo temporaneo ostacolo emotivo.
- Tra lui e la scuola non ci fu mai un rapporto spassionato di amicizia, tuttavia se nel suo percorso imbroccava la persona giusta che sapeva prenderlo e valorizzarlo, allora sapeva stupire insegnanti e genitori.
- Non causò alcun problema di disciplina, così i genitori ricordano.
- Forte legame con il nonno paterno Francesco che, oltre a volergli un gran bene, lo introdusse nell’Arte della ricerca del tartufo Bianco d’Alba. Nella Tartufaia passarono parecchie ore insieme e, tra un discorso e l’altro, il nonno condivise con l’amato nipote tanta saggezza in pillole, quella saggezza passata di generazione in generazione. E il nipote immagazzinava tutto con grande gioia e rispetto.
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SAMUELE: UN BAMBINO DA MANEGGIARE CON CURA!
“Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro” (Lc 12,27).
Rispetto ai suoi compagni di classe, era piccolo e gracile; nel gruppo di coetanei lo si notava per i suoi silenzi, perché non disturbava, non chiacchierava durante le lezioni, non faceva rumore.
Ecco: una delle sue caratteristiche più identificative stava proprio nell’essere “fragilmente silenzioso”. Ma essere fragili non significa essere deboli, vuol dire soprattutto vedere e comprendere la realtà da una prospettiva diversa, più intima, che parte dal proprio cuore.
Parlava poco, ma con gli occhi diceva tanto; faceva tutto con gli occhi: domandava, soffriva, dubitava, rideva, cercava, esaminava e gioiva.
Li ricordo bene quegli occhi grandi che mi guardavano, mi scrutavano quasi ad interrogarmi in una sorta di inversione di ruoli e mi rispondevano ancor prima che la bocca si aprisse; quegli occhi chiari, lucidi e trasparenti come trasparente era il suo animo.
Samuele lo ricordo così: un bimbo cristallino, semplice e puro, delicato, “da maneggiare con cura”.
Se mi soffermo a pensare e focalizzo l’attenzione su di lui, lo rivedo nitidamente seduto al banco, con il mento appoggiato alle due mani aperte a coppa come a voler sorreggere il peso di quella testolina piena di scarabocchi; quando io spiegavo e lui non capiva, gli occhi gli si riempivano di acqua, ma quando invece il concetto gli era chiaro e lo scarabocchio prendeva nitidamente una forma e una collocazione, gli occhi si riempivano di sole e sorridevano. Durante le interrogazioni si guardava sempre intorno come a voler controllare gli altri e le loro reazioni; si inorgogliva se il suo discorso procedeva correttamente e si incupiva se non sapeva rispondere, allora ricordo che gli prendevo la mano e gli dicevo “Guarda me, non loro! Andiamo avanti!”. I compagni a volte possono essere crudeli, ma i suoi no, perché lui era buono con tutti, remissivo, accondiscendente e con grande senso di adattabilità.
A volte penso che il destino abbia voluto portarselo via per mantenerne intatta quella purezza che col passare degli anni si va via via perdendo per non soccombere alla vita stessa... già, perché lo scorrere del tempo è altamente corrosivo, ma non può intaccare lo spirito di un angelo.
Ecco Samuele nei miei ricordi è così: un angelo mai cresciuto in un mondo di bambini e di ragazzi che conoscendolo e frequentandolo gli hanno voluto bene e lo hanno amato perché non si poteva fare altrimenti... lui era la quintessenza della bontà, un animo puro e semplice, senza corazza,un cuore di cristallo che rifletteva amarezze segrete, abissi di profonde incognite rimaste irrisolte, un essere taciturno e introverso, vulnerabile e delicato, pacifico e altruista; forse proprio per questo lui non è più qui, qui sulla Terra. I “buoni”, chissà perché, sono i primi ad andarsene.
Proprio come diceva Leonardo da Vinci “dove c’è più sensibilità c’è più martirio”.
Stefania Borra, la sua insegnante.
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VAL D’INFERNO E IL COLPO DI FULMINE
“Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me ; egli pascola tra i gigli” (Ct 6,3)
Anno di Grazia del Signore 1992. Maurilio Vaira e Bruna Caragno, lui 21 anni e lei 20, iniziarono a frequentarsi in quanto facenti parte della stessa compagnia di amici. Era nel mese di agosto e l’appuntamento era fissato nella piazza di Novello per combinare gli ultimi dettagli per intraprendere una gita tutti insieme a Garessio, nella rinomata Val d’inferno. E sempre di “fuoco” si parlerà, ma di un fuoco ben diverso da quello che siamo soliti sentire, perché sarà proprio in quell’occasione che per la nostra Bruna scatterà il famoso “colpo di fulmine”, mentre per Maurilio non era ancora giunto il tempo. È proverbiale, si sa, che normalmente la donna un po’ su tutto è spesso più avanti dell’uomo.
Questo è proprio nell’indole dell’essere donna. Ebbene lei, in quel giorno, ebbe più tempo per osservare i movimenti di quel giovane che intuiva essere diverso dagli altri. Già da tempo frequentava la stessa compagnia… eppure in quel giorno nell’aria c’era qualcosa di diverso. La giornata si prospettava stupenda anche per l’aspetto meteorologico, perché il cielo era terso e il sole splendeva meraviglioso. Ma da che cosa fu attratta particolarmente Bruna? Dagli occhi di quel giovane ventunenne che, essendo di colore azzurro, alla luce del sole brillavano in modo straordinario diventando luminosissimi. Così ne fu letteralmente rapita! Quello il “colpo di fulmine”, il resto verrà però maturando un paio di mesi dopo. In quel giorno Maurilio non si accorse di nulla; lui era andato in montagna per fare una gita e per stare con i suoi amici e tutto si fermò lì. Ma non fu così per Bruna perché, una volta tornata a casa, cominciò a confidare alle amiche e agli amici della compagnia, i sentimenti che stava provando per Maurilio, finché la cosa giunse anche alle sue orecchie. Il resto lo ha combinato la Divina Provvidenza, perché lunedì 21 settembre dello stesso anno si dichiararono a vicenda la medesima intenzione: conoscersi meglio e iniziare a camminare insieme, non più solamente come amici della stessa compagnia, ma qualcosa di più…
Questo nuovo cammino di fidanzamento durò sette anni finché, sabato 7 agosto 1999, nella chiesa parrocchiale “Madonna della neve”, in Monforte d’Alba (CN), alla presenza dell’allora parroco, don Giuseppe Capello, divennero marito e moglie. Ancora oggi mentre stiamo scrivendo queste righe, si può attestare la serietà di quanto allora vissuto, perché nonostante quanto sarebbe avvenuto in seguito “Le grandi acque della prova non hanno spento quell’Amore e nemmeno i fiumi sono riusciti a travolgerlo” (Cfr. Ct 8,7).
PRIMA GRANDE SVOLTA
“Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra” (Gn 1,28)
Il sogno di quei due giovani sposi era di diventare papà e mamma molto presto, desideravano avere una loro famiglia e la Provvidenza li accontentò, perché mercoledì 27 dicembre dell’anno 2000, all’ospedale Santo Spirito di Bra (CN), nacque il piccolo Samuele: erano le 10,45 e pesava grammi 2660. Mamma Bruna ricorda: “Quello di Samuele fu un travaglio lungo, furono dodici ore di vera fatica, durante le quali medici e assistenti le hanno provate un po’ tutte. Avevano lasciato che mio marito e mia mamma mi stessero vicino in quel momento per me così importante ma, nel vedermi tanto tribolare mia mamma svenne, così che Maurilio dovette guardarne ben due, moglie e suocera. Quest’ultima, una volta rinvenuta, se ne tornò a casa. Intanto finalmente Samuele si decise, dopo tanti sforzi, a venire alla luce con un parto naturale”.
Anche il precedente periodo di gestazione non fu facile perché al terzo mese, dopo una visita ostetrica, la mamma fu avvertita che se non si fosse fermata e riguardata bene, la gravidanza sarebbe stata a rischio. Così Bruna sospese il lavoro, le fu data la maternità anticipata e si sottopose ad un “cerchiaggio” per stare più tranquilla fino al giorno del parto.
Nonostante il travaglio lunghissimo, la fatica, il dolore, non appena Bruna vide quel piccolo angioletto, la gioia e l’emozione fecero dimenticare le ore del travaglio. “La donna sul punto di diventare madre è triste perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce, dimentica i suoi dolori per la gioia che sia venuto al mondo un uomo” (Cfr. Gv 16,21).
Era giunto il momento di dare un nome al neonato e il compito toccava, ovviamente, a mamma e papà. I nomi proposti erano due: Jacopo o Samuele. Si sa che la scelta del nome non è mai una facile, perché il nome dura tutta la vita... però bisognava decidere e con urgenza! Quel giorno il piccolo non voleva saperne di smettere di piangere... più volte fu chiamato con il nome di “Jacopo”, ma più si usava quel nome, più lui piangeva. I genitori provarono allora a rivolgersi a lui chiamandolo “Samuele” e nell’udire quel nome, il piccolo si acquietò e smise immediatamente di piangere. Non c’erano più dubbi: lui, da solo, si era scelto il proprio nome! Quante volte mamma Bruna gli ripeterà: “ Caro figlio, il nome te lo sei scelto tu!“
Ma le fatiche non erano ancora finite, perché Samuele fin da subito si rivelò intollerante al latte: quello naturale era insufficiente e pertanto dovettero completarlo con l’aggiunta di latte in polvere. Fu un vero disastro, perché al bambino quel tipo di latte provocava parecchie coliche addominali in quanto non riusciva a digerirlo. Perciò le notti furono un incubo e sino al momento dello svezzamento il piccolo si svegliava ogni due ore.
I pianti e l’attaccamento alla mamma “consolatrice” abituarono Samuele a dormire nel lettone che per lui era luogo di conforto e benessere; questa abitudine si protrasse sino all’età di sei anni. Intanto, con lo scorrere dei giorni e dei mesi e degli anni, il legame mamma-figlio diventava via via sempre più forte, quasi simbiotico. Tale attaccamento si stemperò, fortunatamente, con l’arrivo delle sue sorelle: Miriana nacque il 19 febbraio 2004, Angelica il 25 aprile 2006 e Isabella, la più piccola, il 28 luglio 2014.
“Insomma eravamo diventati una gran bella famiglia!”.
FIGLIO DI DIO – TABERNACOLO DI DIO – UNTO DI DIO
I SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA
“Uno dei soldati gli trafisse il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua”. (Gv 19,34)
Parola di Dio alla mano, apriamo questo nuovo capitolo della Storia di Samuele, che vuole essere uno spioncino spalancato sulla straordinaria avventura di un altro giovane speciale che il buon Dio ha messo sul nostro cammino. Qual è stata e quale sarà la sua Missione tra noi? Quale “buon profumo di Cristo” ha lasciato passando in questo nostro mondo? Cerchiamo di scoprirlo attraverso la Liturgia del giorno in cui Samuele ricevette i tre Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana. Naturalmente questa Luce ci viene dalla lettura religiosa postuma dei fatti, ma sempre letti attraverso l’assistenza dello Spirito Santo di Dio che guida tutti i Suoi figli a un approdo di salvezza. Entriamo allora in punta di piedi in questo meraviglioso Giardino del Re e vediamo che cosa ci riserverà la Parola di Dio.
25 febbraio 2001 BATTESIMO
1^ LETTURA: “Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, così la parola rivela il sentimento dell’uomo. Non lodare un uomo prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomni.
Le testimonianze che seguiranno nel profilo, sia dei genitori, sia degli amici, possono tranquillamente diventare il commento personalizzato di questa Parola Sapienziale. Nel Battesimo, infatti, riceviamo in germe quei doni che, nella misura in cui verranno corrisposti nel corso della vita, lasceranno traccia della nostra vita.
2^ LETTURA: “Fratelli, quando questo corpo corva degli uomini” (Sir 27,6-7).
ruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è o morte il tuo pungiglione?” (1 Cor 15,54-55).
La fede non si occupa solo della semplice gestione dell’istante. La fede è scoprire la profondità nascosta in ogni istante del presente. Questa profondità, questa prospettiva sempre nuova, è ciò che noi chiamiamo Vita eterna. Senza la Vita eterna il presente viene privato di quello spessore che lo fa mantenere in piedi. La Vita eterna non è una vaga aspirazione dell’animo umano, né uno stato interiore di libertà, quasi un tentativo di lenire il dolore, ma un fatto. Questo è il motivo per cui noi cristiani nel credere alla Vita eterna, crediamo alla risurrezione. Tutto questo è entrato nel DNA di Samuele dal giorno del suo Battesimo in poi.
VANGELO: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, mentre tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Lc 6,39-42).
La riservatezza nell’esprimersi di Samuele, il suo autocontrollo nel non parlare degli altri, specialmente degli assenti, il suo saper sottolineare sia il positivo evidente, o quello meno evidente, non sono altrettanti segni del dono della temperanza e della fortezza, infusi nel Battesimo? Non solo ricevuti, ma anche accolti e alimentati?
17 MAGGIO 2009 PRIMA COMUNIONE
1^ LETTURA: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e no” (At 15,28).
Nella breve parabola della vita del giovane Samuele, lo Spirito Santo mandato dal Cielo fu per lui Luce dell’intelletto e gioia del cuore. Segretamente lo stava preparando per un’importante Missione che, ancora oggi, sta continuando a svolgere: guidare gli amici a lui affidati, alla pienezza della Verità. La conoscenza e il fare memoria di Samuel, diventeranno ospiti dolci di molte anime ferite, nel pianto saranno conforto, saneranno ciò che sanguina, scalderanno ciò che è gelido, drizzeranno ciò che è sviato. Con docili strumenti, anche se piccoli, lo Spirito Santo può fare grandi cose!
2^ LETTURA: “L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la Città Santa, Gerusalemme, che scendeva dal Cielo, da presso a Dio, e aveva in sé la gloria di Dio. Splendeva come una pietra della più preziose,come diaspro cristallino “ (Ap 21,10-11).
L’Apostolo Giovanni attraverso immagine straordinarie parla della bellezza del Cielo. la Città del Cielo risplende come diaspro cristallino: la trasparenza delle perle, degli ornamenti e la gloria di Dio che porta in sé. Immagini che indicano la perfetta comunicabilità che circola tra i membri della Città. La prima creazione era un giardino: l’uomo e la donna erano in comunione piena con la natura e contemplavano Dio; la nuova creazione è una città: Dio l’ha progettata e costruita, ma l’uomo e la donna vi hanno collaborato. Il mondo nella sua realizzazione completa è dunque una Città perfettamente trasparente a se stessa, perché totalmente trasparente a Dio. Con la differenza sostanziale che di qua viviamo CON gli altri, di là saremo NEGLI altri, cioè IN comunione perfetta, mentre qui per la legge dell’incomunicabilità possiamo solamente essere CON le altre persone. Ecco tutto questo il nostro piccolo fanciullo Samuele, quel 17 maggio 2009, stava iniziando a costruire IN lui. Ora lo sta assaporando nella sua pienezza.
VANGELO: “Se uno mi ama, farà tesoro della mia parola e il Padre mio l’amerà e noi verremo a lui e faremo in lui la nostra dimora” (Gv 14,23).
In questa parola torna l’azione dello Spirito Santo e la libera azione di chi ascolta la Parola. Nell’anima di quell’allora fanciullo, che poi andrà a servire all’altare come chierichetto, fino all’età di sedici anni, fu lo Spirito Santo a far conoscere l’Amore del Padre, a educarlo nelle cose del Padre. Così che il Padre e il Figlio hanno trovato nel cuore di Samuele una dimora per la Loro inabitazione. Chiunque accolga con Amore sincero questa Parola diventa allora una Cattedrale dei Tre. Palazzo di virtù, Cielo dell’anima! Ecco perché insieme a Samuele, come si leggerà sotto, si stava bene. Tutto il bene che c’è IN noi ha una sua radice profonda nell’inabitazione dello Spirito Santo.
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“Ricorderò sempre con affetto e nostalgia quei cinque anni di catechismo con Samuele e i suoi compagni. Era un bambino timido, molto volenteroso, bravo e molto gentile verso tutti. Che felicità il giorno della loro Prima Comunione!!! Erano tutti felici e commossi per avere ricevuto Gesù per la prima volta nel loro cuore. Caro Samuele sarai sempre nei nostri cuori.”
Silvana Grimaldi, catechista delle elementari
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10 DICEMBRE 2016 CRESIMA
1^ LETTURA: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio… Felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto” (Is 35,1-2.10).
Un programma stupendo per chi, dopo essere passato all’altra riva, troverà tutto ciò in cui ha creduto e sperato mentre era ancora in cammino in questa terra d’esilio. Samuele con il sacramento della Cresima si era ancora più irrobustito per intraprendere questo lungo viaggio che lo avrebbe portato in una nuova terra stupenda dove scorrono latte e miele. Ora è suo compito specifico aiutare chi è rimasto di qui a lottare, a farlo con rinnovato coraggio perché ne vale veramente la pena. Che immensa gioia ognuno di noi sperimenterà quando potrà raccogliere quello che ha seminato nella speranza del Cielo che ci attende! Samuele ci ha solamente anticipati, ed ora tifa per ognuno di noi perché non abbiamo a perdere la via.
2^ LETTURA: “Fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina” (Gc 5,7-9).
Le promesse di Dio sono irrevocabili; quanto Lui assicura e dà non lo ritira più! Pertanto Samuele ha già compiuto la sua attraversata terrena e ha già presentato al buon Dio la parte del suo lavoro in terra. Ora tocca a noi essere pazienti nell’accettare di non comprendere tutto subito, ma continuare a lavorare con fiducia per portare a termine l’Opera iniziata da lui sapendo che ogni giorno che passa è un giorno di più sulla terra, ma un giorno di meno per arrivare al Cielo. Se pensiamo che per il Signore mille anni sono come un giorno solo, come un turno di veglia nella notte, dobbiamo impegnarci a lavorare con tanto slancio e rinnovata freschezza, perché il Suo giorno quando arriverà non ci colga di sorpresa. Ora Samuele ha già raccolto i frutti della terra e abbondantemente.
VANGELO: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te” (Mt 11,10).
Fantastico! Il 10 dicembre 2016, il nostro Amico Samuele aveva già delineato davanti a sé quello che sarebbe stato il suo nuovo compito una volta entrato nel Giardino del Re: aiutare tutti coloro che lo amano e coloro che, attraverso queste righe, verranno a conoscerlo, a camminare sulla via che conduce alla salvezza. Lui ce la metterà tutta e escogiterà strade, le più impensabili umanamente, com’è stato anche per lui, pur di condurre tutti alla realizzazione del Piano d’Amore di Dio. E finché tutti non saremo arrivati alla Patria Celeste, lui non si fermerà. Buona Missione Samuele e grazie di esistere dalla parte di tutti noi!
Insomma per questo Suo figlio, la Parola del Dio vivente aveva già tracciato un sentiero di Luce formidabile. Adesso sta a ciascuno di noi impugnare il testimone da lui acceso e, passandocelo di mano in mano, correre verso la meta comune: il Paradiso che ci attende. Là è la nostra vera Patria. Là è la nostra vera Casa!
DIO CHIAMA – SAMUELE RISPONDE, IL SUO RAPPORTO CON LA FEDE
“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,8-9).
Un passaggio del Canone della Preghiera Eucaristica V/A, nel ricordo dei defunti dice così: “Padre, ricordati dei nostri fratelli che si sono addormentati nella pace del tuo Cristo, e di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede… “. Premesso che solo il buon Dio conosce in profondità il vero cammino interiore di questo Suo figlio, per quanto ci è stato dato di sapere, proviamo ad addentarci in questo mondo che rimarrà, tuttavia, sempre qualcosa di profondamente personale tra questo giovane speciale e il Suo Signore. Il rapporto di Samuele con il buon Dio è iniziato fin dal grembo materno, sbocciando poi nella sua famiglia, per continuare nella sua piccola comunità cristiana di Vergne. Con la sua famiglia, piccola Chiesa domestica, ha sempre presenziato alle varie celebrazioni proposte, con al primo posto la S. Messa festiva, immancabile appuntamento settimanale; allo stesso modo non ha mai mancato all’incontro di catechismo settimanale, anche perché momento d’incontro con i suoi amici per una partita a pallone prima e dopo.
È bello ricordarlo piccolo, in quel suo entusiasmo gioioso nell’uscire da casa per questo tanto piacevole quanto atteso appuntamento. E come dimenticare i tanti anni di militanza intorno all’altare come chierichetto? Data la sua timidezza, era importante che non fosse solo a servire; così, con altri suoi amici non mancò mai a quest’appuntamento fino all’età della Cresima ricevuta verso il sedicesimo anno di età. Era bello vederlo servire attorno all’altare e vedere come, in alcuni momenti, sapeva essere addirittura maestro e guida per le nuove leve. Solamente con l’incalzare dell’adolescenza, rincasando forse la sera un po’ più tardi, soprattutto nell’ultimo anno della sua vicenda terrena, ha “dribblato” un po’ sulla partecipazione. È normale che nell’età adolescenziale contino di più gli amici della famiglia, e così fu anche per lui alternando sì, no, ho sonno, sono stanco…
Era il passaggio obbligatorio per chi da una fede di fanciullo stava per avviarsi progressivamente a una fede di adulto, ancora più solida e consapevole. Samuele stava esercitando la facoltà di saper e poter scegliere. A causa anche di qualche problema di salute in casa, la famiglia Vaira si radunava insieme, specialmente la sera, per un momento di preghiera e di affidamento al Signore. In quella liturgia domestica ognuno aveva il suo compito; quello di Samuele era di recitare i Dieci Comandamenti. Così un’altra bell’usanza era quella di visitare qualche santuario e là partecipare alla S. Messa. Tra le altre, un paio di mete preferite erano i santuari della Medaglia Miracolosa, di Mellana di Boves (CN), e di S. Chiaffredo a Crissolo in Valle Po. In quest’ultimo ha servito tante volte all’altare facendo da ministrante all’allora rettore don Luigi Destre. Samuele rimaneva affascinato da questi Luoghi dell’Infinito, apriva il suo cuore alla Luce della Parola di Dio che ascoltava attentamente tanto che, al ritorno, commentava il contenuto dell’omelia individuando il modo di poterlo calare nella vita. Nel tempo in cui in famiglia si verificarono i problemi di salute sopra citati, l’adolescente ebbe un momento di crisi accompagnato dai classici “perché”; ma sempre trovò accanto a sé papà e mamma che, da attenti genitori cristiani, lo guidarono a cogliere quegli avvenimenti, non solamente come qualcosa di negativo, peggio ancora dei “castighi divini ingiustificati”, bensì come un tempo di crescita nella preghiera, di riflessione sui valori autentici della vita, nonché come scuola di confidenza in Dio sperando in una ristabilita guarigione. Due aneddoti ci sembrano importanti. Mentre stava prendendo la patente ad Alba, papà Maurilio, che lo accompagnava, disse al figlio: “Che cosa ne dici? Non siamo riusciti a farlo per Pasqua, vuoi che passiamo al Tempio di San Paolo così andiamo a confessarci?” Samuele accolse volentieri la proposta e entrambi si accostarono al Sacramento della Gioia.
Quando il giovanotto uscì dal confessionale, era visibilmente contento. L’altro aneddoto è legato al sabato precedente l’incidente. Era il 29 giugno e Samuele, sempre con tanta gioia, aveva partecipato alle nozze di sua cugina Sara e, durante la celebrazione, aveva avuto modo di ascoltare la Parola di Dio e di nutrirsi alla mensa eucaristica. Da lì a poche ore avrebbe incontrato personalmente il Signore.
Quel giorno la Parola gli ha detto:
“Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo… Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36,24-28).
Visto che la Parola di Dio sprigiona in noi la luce dello Spirito e ci fa entrare nell’ottica stessa di Dio, chissà quel giorno che cosa avrà detto a Samuele? Avrà avuto qualche presentimento in lui che da lì a poco avrebbe abitato quella “terra preparata anche per lui?”. Sicuramente il suo cuore, purificato qualche giorno prima nel Sacramento della Riconciliazione, è stato il cartellino d’ingresso in Cielo senza dover fare tanta anticamera. Ma anche il Vangelo letto quel giorno è stato la Magna Charta per un’immediata verifica della toponomastica dello Spirito.
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli… Beati i miti, perché erediteranno la terra… Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio…” (Cfr. Mt 5,1-12).
Il misterioso messaggio che Gesù consegna ai suoi discepoli consiste proprio nel chiamare beati coloro che in realtà non stanno vivendo un’apparente beatitudine, ma il suo contrario. Gesù non sta promettendo qualcosa che accadrà un giorno e basta, ma sta dicendo che proprio in questo momento, quando tutto magari ci sembra contrario e contraddittorio, è nascosta una beatitudine, un significato profondo delle cose che trasforma le cose stesse da disgrazia a grazia. È il paradosso di sentirsi salvati proprio in ciò che sembra ci stia distruggendo.
È incontrare gioia al fondo di un dolore. Gratitudine nella faticosa esperienza di una malattia che ci porta alla morte. Coraggio e forza in una ingiusta persecuzione e difficoltà. Vedere la bontà di Dio dietro un incidente mortale. La redenzione non riguarda solo un futuro prossimo, ma abita anche in fondo al presente. Prendere sul serio le beatitudini non significa imparare una nuova regola morale, ma guardare con occhi diversi la nuda e cruda realtà che stiamo vivendo in questo momento. Sicuramente lo Spirito Santo avrà educato Samuele a comprendere che sono gli occhi delle fede che ci aiutano a vedere ciò che gli occhi dei nostri ragionamenti non riescono a scorgere.
Qui “terminano” le parole umane sul rapporto di Samuele con la fede. Ma chissà che cos’è realmente ciò che lo Spirito Santo ha suscitato dentro di lui e ciò che lui ha costruito in se stesso! Solo in Paradiso sicuramente potremo comprendere meglio… capire tutto! Finché siamo di qua ci accontentiamo di crederlo per fede.
MI HAI CHIAMATO? ECCOMI!
Dice il Signore: “Non guardate all’aspetto, né alla statura. Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16,7).
Ed ora si sta aprendo il capitolo più doloroso del nostro profilo, doloroso ma illuminato da alcuni segni di sicura speranza, che ci aiuteranno ad andare oltre il freddo buio della morte, segni che con solo con gli occhi della fede potranno essere letti come tali.
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