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FOTO PIERGIANNI RIVETTI

È GIUNTO IL TEMPO DI SCIOGLIERE LE VELE


“Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio”(Sal 83,6)

Nell’apparente normalità che si cercò di ridare alle giornate del piccolo Marco, purtroppo alcune cellule, sfuggite da tempo al controllo, continuarono la loro azione nefasta. Sembrava che tutto fosse nella norma, tutto sembrava filare liscio fino al mese di maggio del 1983, quando ci fu una brutta ricaduta. Fu necessario un altro ciclo di chemioterapia ma ahimè di carattere palliativo. Con grande fatica Marco frequentò la scuola tutte le volte che poté farlo e così riuscì a finire l’anno scolastico. Poi anche quell’anno,  bimbi trascorsero il periodo estivo ad Andora, una rinomata località marina della Liguria in provincia di Imperia, nell’alloggio messo a disposizione dalla zia Paola. Marco adorava il mare. Dopo le Sanche di Vezza d’Alba a casa della nonna, Andora era il suo secondo paradiso. Intanto da lì lo si portava il  Torino per le sedute chemioterapiche. Un giorno, i medici consigliarono ai genitori di sospendere la cura perché ritenuta ormai cosa non utile. La medicina non aveva alcun effetto sul male ormai diventato più aggressivo. Dal momento di quella decisione tanto dolorosa, Marco trascorse su questa terra d’esilio ancora 15 giorni esatti. Ma lui. come un piccolo-grande campione, non si lamentava mai, accettando tutto quanto gli veniva richiesto. Solo una volta, fiaccato dal male, si lasciò andare in quest’affermazione: “Ma perché questo corpo che cerco di trattare il meglio possibile e non gli faccio mancare niente, lui non vuole guarire?”.
                

MARCO NON TEMERE, IO SONO CON TE!
“Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare; perché io sarò con te, dice il Signore tuo Dio”. (Cfr. Is 43,2-3)

Ma il nostro piccolo eroe, prima di spiegare le ali verso il Cielo, è stato chiamato a vivere un altro grande avvenimento: sabato 22 ottobre 1983, nella sua cameretta insieme ai suoi genitori e ad altri pochi intimi, Marcò ricevette Gesù eucaristia per la prima volta. Fu un momento emozionantissimo. La sua Prima Comunione gli fu donata  dall’allora neo parroco don Angelo Conterno che accompagnò con tanta delicatezza Marco e i suoi genitori in quel momento tanto doloroso quanto glorioso. Lui stesso ricorda così quei giorni: “Domenica 9 ottobre 1983 feci l’ingresso come parroco della parrocchia di S. Vittore in Canale.

Nei giorni precedenti al mio arrivo mi avevano riferito della situazione delicata del piccolo Marco di 7 anni appena, colpito da un male inguaribile. Mi misi subito in contatto con la sua famiglia al quale offersi la mia disponibilità ad entrare nella loro casa per visitare il piccolo, per dare loro conforto e sostegno in quel momento tanto difficile e doloroso. Sono stato accolto a braccia aperte sia da mamma Rita sia da papà Giovanni, abbiamo instaurato un rapporto di amicizia che perdura tuttora. Il piccolo Marco, a causa del progredire del male, rimaneva quasi sempre sdraiato nel letto, ma sorrideva e parlava volentieri così che per me fu facile instaurare un bel rapporto anche con lui. Sostavo vicino al suo letto e gli raccontavo qualche storiella; era appassionato delle avventure di “Braccio di ferro”, l’eroe che nei momenti difficili con la sua forza vinceva su tutti. Naturalmente gli parlavo anche di Gesù che voleva bene ai bambini, perché anche Lui era stato piccolo e aveva accanto una mamma, Maria, che lo accudiva, e un papà, Giuseppe, che faceva il falegname. Marco ascoltava con attenzione e interesse i miei racconti ed era felice delle mie visite pressoché quotidiane.

Visto il decorso inarrestabile della malattia, insieme a mamma e papà, decidemmo di far fare a Marco la sua Prima Comunione. Era il sabato pomeriggio del 22 ottobre 1983. Pregammo insieme con queste parole: Gesù vuole bene a Marco, Marco vuole bene a Gesù. Gesù vuole stare con Marco, Marco vuole stare con Gesù per sempre!”

Marco volò in Cielo pochi giorni dopo aver ricevuto Gesù nel suo cuore”.
Sicuramente anche il nostro piccolo campione, anche se ignaro di tante cose  soprattutto per via della sua tenera età e della pazienza e delicatezza infinite dei suoi genitori, ha percorso un tratto di cammino nel deserto, a somiglianza del profeta Elia, come raccontato nel primo libro dei Re.
Elia si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia!” Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Su, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb” (Cfr. 1 Re 19,4-8).

CON GESU’ NEL CUORE, MARCO ENTRA IN PARADISO


“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.  (Gv 6,54)

Da quel sabato 22 ottobre, il nostro caro Marco camminò ancora nel deserto della vita per pochi giorni, perché il mercoledì 26 ottobre, alle ore 11,30, spiccò il  volo verso il Cielo. La sofferenza lo aveva non solo affinato, ma reso ancora più puro, ancora più prezioso agli occhi di Dio, un autentico San Luigi Gonzaga, proprio come lo vedeva suor Silvana. Se fisicamente le sue forze  si erano ormai ridotte ai minimi termini, spiritualmente Marco era un fiore maturo per il Cielo.
Marco carissimo, che cosa ci può impedire di mettere sulle tue labbra e sui tuoi occhi quanto S. Giovanni ha sperimentato quando lui stesso in visione ha potuto contemplare lo splendore del Paradiso?

“Ed ecco apparve ai miei occhi una folla immensa, impossibile a calcolare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua; ritti dinanzi al trono e dinanzi all’Agnello (Gesù) vestiti di veste bianca, con palme in mano gridavano con voce potente: - La salvezza al nostro Dio che siede sul trono, come  pure all’Agnello -. E tutti gli angeli che stanno in cerchio intorno al trono … si prostrarono dinanzi al trono con la faccia contro terra per adorare Dio. Dicevano: - Amen. Lode, gloria, sapienza, ringraziamento, onore, potenza e forza al nostro Dio per tutti i secoli dei secoli. Amen -. Uno dei Vegliardi prese la parola e mi disse: - Queste persone vestite di bianco, chi sono e da dove vengono? -. Ed io gli risposi: - Mio Signore, tu sì che lo sai- Egli riprese: - Sono quelli che vengono dalla grande prova: hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello. Ecco perché sono qui davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà su di loro la sua tenda. Non si offriranno più né la fame, né la sete; non saranno più morsi dal sole né da altro vento sferzante. L’Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle sorgente delle acque della vita. E Dio asciugherà dai loro occhi ogni lacrima –“ (Cfr. Ap 7,917)

Marco è nato il giorno in cui la Chiesa celebra la solennità di Ognissanti e la Prima lettura di questo luminoso giorno ci richiama a quanto sopra appena letto. Ciò che allora rimase solo sulla carta, oggi Marco lo sta vivendo in pienezza. Dai suoi occhi è stata asciugata ogni lacrima ed ora contempla lo splendore di quel Gesù che ha ricevuto poco prima di questa trionfale entrata nel Giardino del Re. La Mamma Celeste se lo sta coccolando e lo accompagna costantemente nella sua nuova missione: essere l’Angelo custode di quanti si affidano a lui, nonché portare serenità e consolazione nella sua famiglia terrena e indicare loro che la strada Maestra per arrivare al Cielo rimane sempre quella della carità; essa è la chiave che apre le porte del Cielo e intercede presso Dio Padre in nostro favore.
Don Angelo, suo parroco di allora, conclude così la sua testimonianza: “ Al suo funerale c’erano i suoi compagni di scuola con in mano un fiore bianco a significare che Marco era andato con Gesù a fare festa in Cielo con gli Angeli”.

LA MISSIONE DI MARCO CONTINUA


 “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di frumento non in cade in terra e non muore, resta solo; se invece muore, porta molto frutto”.   (Gv 12,24)

La nostra vita è una storia di salvezza … perché la nostra meta finale è la salvezza e, purtroppo, spesso viviamo senza considerare questo importantissimo, fondamentale “dettaglio”. Per questo Dio trasforma tutto quel che riguarda la nostra vita in storia di salvezza per noi e per chi ci sta intorno: incredulità, errori, dolori, malattie gioie …, TUTTO! Raddrizzando, ogni volta che sbagliamo la strada, il sentiero sul quale stiamo camminando, perché da buon Padre desidera che tutti i suoi figli tornino a Lui, nell’eternità. Come succede quando siamo in macchina e seguiamo il navigatore: se sbagliamo si “reimposta” e ci indica come fare per tornare di nuovo sulla strada giusta. Così fa Dio, il grande Navigatore: perché ci ama di un Amore infinito! Perciò la lettura umana e spirituale insieme, di questa nuova “storia di vita”, è bene saperla leggere in questo senso: nonostante la realtà del dolore che causa la perdita di un figlio, in questo caso piccolo, lo Spirito Santo ci aiuta a scoprire il Disegno misericordioso che Dio ha sui Suoi amati figli. Questo anche se, per tutti noi, staccarsi da una persona cara fa male, molto male al cuore, che ha bisogno di tempo per guarire.

La storia di Marco, così come quelle di tutti gli altri nostri Angeli, ha come scopo di ridare speranza, nonostante le situazioni difficili, tristi o anche drammatiche che la vita ci presenta. Quando soprattutto un genitore è provato e si lascia guidare dalla Parola di Dio, gradualmente comprende che non è “quanto tempo” si vive, ma “come” si vive quel tempo che ci è stato donato.  Sì, perché Dio ci mette a disposizione un tempo: possono essere pochi mesi di gestazione come tanti anni. Non importa, il metro di misura di Dio è diverso! L’importante è vivere la nostra vita protesi verso l’eternità, verso la meta, verso la salvezza eterna.

La parabola della nostra vita, lunga o corta che sia, ha un unico scopo: la salvezza eterna. E questo vale per tutti. Con il Battesimo, dentro di noi abbiamo il “germe” dell’immortalità, una “goccia di infinito” e tante volte il nostro dramma è quello di sentirci immortali. Tuttavia pur essendo immortali, prima c’è il “passaggio” obbligatorio per tutti: solo potremo entrare in quell’immortalità che abbiamo tanto desiderato e che finalmente si realizzerà trasformandosi in “Vita eterna!” Là, “Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi; di morte non ci sarà più nulla; di pianto, di grida, di strazio, di pena non ci sarà più nulla perché il mondo di prima se ne sarà andato” (Cfr. Ap 21,4).

Dove potremo finalmente contemplare il volto splendente di Dio: vederlo faccia a faccia così come Egli è! Tante volte la sofferenza provocata da certi avvenimenti esistenziali, ad esempio come quello di questo fanciullo, è talmente grande che si rimane smarriti e anche arrabbiati. Il ricorso all’aiuto di Dio, attraverso la nostra cara Mamma Celeste, attraverso la preghiera e i sacramenti, è fondamentale: Lui guarisce il nostro cuore, Lui consola, Lui ci aiuta ad accettare e accogliere la nostra storia, perché solo accogliendola riusciremo a “leggerla” con i Suoi occhi, a “vedere” quanta Luce, quanto bene, quanta salvezza passano attraverso la sofferenza.

Certo non è facile ma, fidandoci della Parola di Dio, siamo invitati a crederlo fermamente: “Ritengo infatti che le sofferenze del momento presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi” (Rm 8,18), “Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne” (2 Cor 4,16-18).
Pertanto la missione del nostro piccolo-grande Marco non è ancora terminata perché, come Santa Teresina del bambino Gesù, anche lui dice: “ Passerò il mio Cielo a fare del bene sulla terra”.

TESTIMONIANZE
“Posso attestare che il periodo della malattia del mio piccolo Marco è stato il periodo più bello e più brutto della mia vita: bello perché ho potuto godere ogni istante vicino a lui; brutto perché lo vedevo soffrire e non potevo cambiare le cose. Non dimenticherò mai il suo saluto il giorno prima di nascere al Cielo, quasi sentisse che era arrivato il momento di salutarci. Con grande fatica si è tirato su dal cuscino, ha girato la faccia verso di me e mi ha dato un bacio sulla guancia. In seguito il suo ritorno alla Casa del Padre c’è stato il momento dell’isolamento, della disperazione, della rabbia … Poi poco per volta l’animo si è quietato, ed ora credo che Marco non sia venuto in questo mondo solo per morire, ma per una Missione ben precisa. Con mio marito e l’altro nostro figlio Stefano siamo costantemente alla ricerca di quale sia questa Missione di Marco. Immancabilmente nelle mie giornate il dialogo tra noi due è continuo e a volte addirittura lo “sgrido” perché mi sembra che non mi aiuti abbastanza. Altro particolare: prima tendevo a ricordarlo e rivederlo sempre ammalato; ora invece lo vedo e lo sento bene: sereno, allegro … è la mia STELLINA! È sempre VIVO!”.              
                                                                                   Rita, la mamma di Marco

“Ricordo sempre volentieri i momenti in cui lo portavo al mare, a lui piaceva molto la spiaggia, giocare nell’acqua insieme al suo amato fratellino Stefano. Allora era sofferente. Invece ora come mia moglie Rita, lo penso sereno, in salute, pieno di vita e sempre accanto a noi per aiutarci. Il mio rapporto con lui è quotidiano, o con una visita al cimitero o attraverso la preghiera che ispirata dal suo volto presente ovunque in casa nostra. Poi quello che mi commuove e mi dà gioia, anche se a distanza di tanti anni, vedere il ritratto di Marco anche nelle case di tutti i nostri parenti e amici”.
                                                                                       Giovanni, il papà di Marco

“Mio fratello lo sento sempre presente, fosse anche solo per il segno tangibile che porto quotidianamente al collo e cioè il suo braccialetto, quello che portava al polso proprio nel momento in cui ci ha salutato per il Paradiso. Il ricordo continua anche attraverso tutto ciò che riempie ancora la nostra casa, oltre le sue foto, anche i suoi giochi con i quali i cuginetti continuano a divertirsi; tra tutti spiccano i puffi di cui Marco era innamorato, tanto che gliene ho regalato uno nel giorno del suo compleanno, il 1 novembre, appendendolo dove ora lui sta riposando. Sono contento di parlare spesso di lui, soprattutto con mia mamma … anche questo è un modo per farmi sentire che non sono mai solo. Materialmente non posso più giocare sul balcone di casa, come mi ricordo facevamo da piccoli; tuttavia è il mio Amico preferito che so essermi sempre accanto, nella gioia e nel dolore, nei miei sogni e nella lotta per poterli raggiungere. Grazie di esistere Marco, fratello mio”.                                    
                                                                                          Stefano, il fratello di Marco


“Il ricordo di Marco in me è sempre vivo; tengo la sua foto sulla mia scrivania, è il mio -Angioletto- che mi ha accompagnato nel mio ministero e che mi accompagnerà sempre!”.
                                                                                  Don Angelo Conterno

“Ho avuto il dono di vegliare sul piccolo Marco da quando aveva solamente nove mesi. Papà e mamma andavano a lavorare e io mi prendevo cura di lui dovendo accudire anche ai miei tre figli. Papà che faceva il postino in un paese vicino, recandosi al lavoro, me lo portava avvolto in un plaid e il piccolo rimaneva fino a sera, quando i genitori passavano a riprenderlo per riportarlo a casa. Ogni sera era la solita “grana” perché avrebbe voluto rimanere lì per continuare a giocare con i cuginetti. Da quando Marco è salito al Cielo, ogni sera andandomi a coricare, guardo la sua foto che tento sul comodino e mi rivolgo a lui con la preghiera dell’Angelo di Dio, e questo mi trasmette pace perché so di non essere sola. Talmente è impresso in me il suo ricordo che il suo pensiero mi accompagna in più momenti della giornata. Un ricordo indelebile che ho nel cuore, mi riporta al mio secondo intervento chirurgico. Ero coricata a letto nella mia stanza e tutto d’improvviso ho visto Marco venirmi a far visita. Era fulgente di luce e vestito da Angelo. Non mi ha detto niente, mi ha salutato e poi e sparito subito. Questa visione mi ha lasciato tanta pace e conforto. Peccato che sia durata solo pochi secondi”.
                                                             Rosa Marchiaro, zia paterna e tata di Marco


  
“Marco lo ricordiamo tutti i giorni nelle nostre preghiere e gli affidiamo soprattutto i nostri nipotini perché lo sentiamo come il loro angelo custode. Ad Aurora che adesso ha solo 4 anni, mostrando la foto che teniamo in casa, le insegniamo che Marco è il suo cuginetto e che le fa da angelo custode, e lei chiede sempre: - Ma dov’è che non lo vedo?-  E allora le indichiamo che è lì vicino alla sua spalla, che veglia su di lei insieme alla Madonnina. Anche se ne parliamo quotidianamente però non lo abbiamo mai sognato, ma lo preghiamo veramente tanto per i nipotini. Guardando al loro futuro abbiamo tanto timore perché si troveranno di fronte a tanti problemi e dovranno fare delle scelte, che non saranno sempre facili. Allora gli diciamo: -Marco, piuttosto di vederli andare fuori strada, fare delle scelte sbagliate …  prendili con te! -  Insieme a Marco preghiamo anche don Bosco e la nostra cara Madonna di Mombirone. Ci affidiamo a loro con tanta fiducia perché siamo sicuri di non rimanere delusi”.

Zio Massimo e zia Silvana

 

AVANTI

 

 

 


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