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FOTO PIERGIANNI RIVETTI

UN PICCOLO SAN LUIGI GONZAGA


“Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro”.(Mt 6,28-29)

Perché questo dolce appellativo a un piccolo bimbo di appena sette anni? Ogni volta che suor Silvana, suora Carmelitana, collaboratrice di suor Paola sua maestra d’asilo, si recava a fargli visita a casa, quando lo vedeva steso sul suo lettino bianco immancabilmente diceva alla mamma: “Mi sembra di vedere San Luigi Gonzaga!” È proprio da queste parole che prende spunto il titolo di questo nuovo profilo.

CHI È MARCO MARCHIARO?

“Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani”   (Is 49,16)

Marco è un piccolo angelo di bontà nato all’ospedale S. Lazzaro di Alba, in provincia di Cuneo, e vissuto poi per sette anni a Canale, un ridente paese del Roero. Nacque da mamma Rita Chiavero e da papà Giovanni. In quel tempo il papà lavorava come postino e la mamma era commessa in una cooperativa alimentare. Tra una giornata e l’altra, nello scorrere quotidiano del tempo, ecco arrivare un meraviglioso bimbo dai capelli scuri con già tanti riccioli a incorniciare il roseo visino. Mamma Rita non dimentica che il parto di Marco fu molto difficile e impegnativo; sembrava proprio che non volesse saperne di venire alla luce. Anche se senz’altro stava un po’ allo stretto, tuttavia stava bene nel grembo della sua mamma, non gli mancava proprio nulla! Ma la legge della vita è un’altra e dopo quattordici ore di lotta nel travaglio, eccolo finalmente, alle 19,20 dell’1 novembre 1976, uscire allo scoperto. Pesava 3 chili e 760 grammi. In quel giorno la Chiesa celebra solennemente la festa di Ognissanti. Fu solo per un puro “caso del destino” che Marco nacque in quel giorno, o nei disegni imperscrutabili di Dio c’era un altro “Progetto”,  che saremo chiamati a scoprire pian piano?

Che bello quando nacque Marco! Il dolore di quelle lunghissime quattordici ore precedenti il parto svanì quando mamma Rita vide il suo piccolo batuffolo di carne; rimase estasiata, incantata a contemplarlo. Non le sembrava vero eppure era proprio lui, era lì tra le sue braccia, lo vide, lo strinse delicatamente al suo cuore e con lacrime di gioia che le rigavano il volto, lo baciò devotamente. Tutto allora portò a pensare alle parole che troviamo scritte nel Vangelo di S. Giovanni: “La donna, sul punto di diventare madre, è triste perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce, dimentica i suoi dolori per la gioia che sia venuto al mondo un uomo” (Cfr. Gv 16,21).  Naturalmente anche  papà Giovanni partecipò emozionatissimo a quel momento di grande festa e, con lui, la nonna materna Maria, che aveva vegliato la figlia con sollecitudine all’ospedale.

TI BATTEZZO NEL NOME DEL PADRE, DEL FIGLIO, DELLO SPIRITO SANTO
“Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”  (Mc 1,11)

Queste potenti parole sul piccolo Marco furono pronunciate dall’allora parroco di Canale, don Carlo Savigliano. Era la domenica 28 novembre 1976. Nella cappellina di Nostra Signora di Mombirone, il piccolo infante poté accogliere nel suo cuore la Presenza delle Tre divine Persone che da quel momento in poi diventarono il suo paradiso. Insieme ai suoi cari genitori si impegnarono ad accompagnarlo nella sua crescita cristiana il padrino Bruno Artusio e la madrina Mariella Pagliasso. A tal riguardo la sig.ra Mariella ricorda: “Sono stata felicissima e orgogliosa di essere la madrina di questo splendido bambino, che adoravo e che tuttora adoro perché Marco, non solo lo sento più vivo che mai, ma addirittura lo invoco quale mio Angelo custode soprattutto nelle difficoltà. E non mi ha mai delusa. Quanta emozione quel giorno! Per me era tutto una novità, anche perché in quel tempo io stessa, avendo solamente quindici anni, ero una “bambina”. Una cosa è certa: Marco mi ha fatto sentire responsabile, l’ho sentito anche un po’ mio; infatti una volta che  io stessa sono diventata mamma, ho potuto confermare ancora di più la consapevolezza che veramente sentivo Marco, e lo sento ancora adesso, anche un po’ mio!”.

La domenica in cui Marco ricevette il dono del Battesimo corrispondeva alla Prima domenica di Avvento, del ciclo C. Un passo del Vangelo del giorno diceva:

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”. 

(Lc 21,27-28.34-36)

A distanza di anni dal ritorno alla Casa del Padre di Marco, sicuramente queste parole ci aiutano a riflettere ancor meglio sull’accaduto e, secondo la legge evangelica del chicco di grano che cade a terra, ma per portare molto frutto, possiamo rileggere la Parola di allora anche in quest’altra chiave.

Innanzitutto per il nostro piccolo Marco, il ritorno del Signore è già avvenuto: “Tornerò a prendervi con me, perché là dove sono io ci siate anche voi” (Cfr. Gv 14,3). Ora lui è in Paradiso, è a casa ed è eternamente felice, beato tra i beati, angelo tra gli angeli.

Per lui la liberazione dal male fisico, dalla sofferenza dell’umano distacco da chi gli voleva bene, era ormai arrivata e lui già “aspettava la Città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (Cfr. Eb 11,10). Il Paradiso è la realizzazione piena di qualsiasi sogno, anche il più pazzo, che ognuno porta nel cuore. Ora per Marco passeranno miliardi e miliardi di secoli, passeranno eternità su eternità, ma lui È sempre, È in Dio; trasfigurato, trasformato IN Lui, Suo figlio, Suo erede. 

Marco ci insegna a vivere ogni giorno nella piena consapevolezza  di saper investire i talenti che ci sono stati dati ed  essere anche noi sempre pronti per poterci presentare un giorno dicendo al buon Dio: “Padre, io ti ho glorificato sulla terra; ho compiuto l’opera che tu mi avevi dato da fare. Adesso, Padre, glorificami” (Cfr. Gv 17,3-4).

MARCO CRESCE COME UN GIGLIO DI CAMPO
“Se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi?”.  (Mt 6,30)

Dopo lo svezzamento, che durò nove mesi, mamma Rita rientrò al lavoro e diede in “consegna il suo tesoro” alla zia paterna Rosa, affinché vegliasse su di lui. Marco passava molte ore del giorno con lei e con il suo compagno di giochi, che era il suo cuginetto Cristiano. Marco era felice, spensierato, uno scoiattolo che saltava sempre, ovunque. Arrivato al traguardo dei tre anni e mezzo, ecco arrivare la bellissima sorpresa del suo caro fratellino Stefano che venne a rendere le sue giornate ancora più belle, ancora più luminose.

Al contrario di tanti altri bambini che alla vista di nuovi fratellini manifestano sentimenti e atteggiamenti di gelosia, Marco invece si dimostrò veramente felice di poter accogliere questo nuovo dono; sembrava che non aspettasse altro per rendere la sua gioia ancora più completa. Mamma Rita afferma che “Marco adorava il suo fratellino, voleva rimanere sempre con lui, al suo fianco quasi come se si sentisse il suo angelo custode.

Sicuramente era fiero di avere un fratellino tutto per lui!”. Mamma Rita, ogni volta che poteva, si recava al suo paese natio, Vezza d’Alba,  e portava i suoi piccoli alla borgata Sanche, presso la nonna materna dove c’era il cuginetto; quello era il loro piccolo paradiso. Correre, giocare, saltare a più non posso … così Marco esprimeva la sua vivacità. E intanto si può veramente affermare che di giorno in giorno “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Cfr. Lc 2,52).

ASILO INFANTILE “REGINA MARGHERITA”
“In  verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”   (Mt 18,3)

A quel tempo l’asilo Regina Margherita era gestito dalle suore Carmelitane suor Paola e  suor Silvana e dalla maestra Loredana Morra. Il piccolo si fece subito ben volere:  da coccolone qual era, e per la sua bontà, diventò subito amico di tutti. La maestra Loredana lo ricorda così: “Non ho in mente avvenimenti particolari relativi al periodo che ho condiviso con Marco durante la sua frequenza della scuola materna. Tuttavia ricordo questi aspetti:

  1. il suo viso delicato coronato da tanti riccioli scuri;
  2.  i suoi occhi espressivi;
  3. un bambino minuto, garbato e sensibile che nel rapporto con gli altri rivelava dolcezza e gentilezza;
  4. la sua apparente fragilità smentita dalla forza con cui ha affrontato difficoltà che posso solo immaginare.

Per me Marco, dal momento in cui è tornato in Cielo, è diventato un angelo in più al quale ho sempre raccomandato i bimbi dei quali mi occupo quotidianamente. A Marco chiedo di restarmi accanto per aiutarmi a vedere i bisogni dei “ suoi compagni ”, soprattutto dei più fragili, aiutandomi a capire ciò che posso fare per loro.”

A Luca Cantamessa, un coetaneo e intimo amichetto di allora  (e ancora di oggi, perché pur con il passare del tempo ha conservato come stampati dentro il cuore i ricordi di quelle spensierate giornate trascorse insieme all’asilo), alla richiesta di raccontare qualcosa su Marco  si sono improvvisamente illuminati gli occhi. Non c’è stato bisogno di lasciargli il tempo di pensare perché, come se il tempo si fosse fermato, ci ha fatto dono di questi simpatici aneddoti.

- All’asilo ci eravamo costituiti in una specie di banda dove comandava chi era più alto;  gli altri, i più piccoli, dovevano obbedienza. Siccome io ero una spanna più alto di Marco, sono sempre stato il suo “superiore” e lui mi doveva obbedienza. Questo ruolo di capo si decideva ogni mattino. Misuravano l’altezza, quindi si distribuivano i vari incarichi. Non si pensi a chissà che cosa! Era una gerarchia molto semplice con ruoli altrettanto semplici. Ma per noi era un appuntamento quotidiano, importante, che ci faceva sentire importanti. Letto con gli occhi di oggi, era quasi una preparazione a quanto poi ci avrebbe richiesto la vita, chiaramente secondo parametri diversi. Nella vita ci sono gradualità diverse, responsabilità diverse e compiti specifici. Sempre però vissuti nella complicità dell’Amicizia più sincera.

- Quante cose mi richiamano tutt’oggi il suo volto, la sua parola dolce, il suo tenerci per mano quando andavamo in passeggiata con le maestre. Erano le nostre prime uscite, magari per andare fino al Monastero delle monache Sacramentine o al santuario di Mombirone. Per noi era come affrontare un viaggio lunghissimo, ricco di sorprese, di incognite. Ma io ero sicuro e felice perché al mio fianco c’era lui, c’era Marco.

È davvero curioso come una sera mentre si era a cena in compagnia tra amici, si sia finito a parlare di minestrina in brodo. Il contesto era lontanissimo da tutto ciò che invece quel termine “minestrina” ha risvegliato in me, tanto da farmi viaggiare con la mente ben lontano da quel contesto conviviale. Le famose minestrine della cuoca dell’asilo, quando andavamo a gara per dimostrare l’uno all’altro chi l’avrebbe finita prima e magari chiedere il bis. Quel pensiero poi si è collegato ad altri dove c’era sempre Marco al mio fianco. E quanto sarebbe avvenuto dopo mi sembrava solamente un sogno, sogno purtroppo che ha dovuto cozzare con la dura realtà.

Infatti, racconta mamma Rita: “ Fino all’ultimo mese di asilo, Marco è sempre stato bene e non ha mai accusato alcun tipo di disturbo, tranne saltare, giocare e riempirmi di carezze e bacini. Allora aveva cinque anni e mezzo. Iniziò con lo zoppicare; sentiva male alla gamba destra e se si sforzava di camminare, questa gli cedeva. Con mio marito abbiamo iniziato la trafila per consultare più medici, ma nessuno riuscì a capire da dove provenisse quel male alla gamba. Finalmente il dott. Nello Crozzoli, di venerata memoria, dopo un’accurata visita gli ha proposto il ricovero all’ospedale Maria Vittoria di Torino. Era metà giugno dell’anno 1982”.

 Dopo quindici giorni di ripetuti esami, ancora nessuno riusciva a comprendere quale orribile “mostro” fosse nascosto in quel corpicino ancora così piccolo tanto che, mamma Rita, che non aveva mai abbandonato neanche per un solo istante il suo tesoro, in comune accordo con il marito, firmò il foglio per riportarselo a casa. Dopo averlo tenuto in famiglia per quattro giorni, i genitori lo fecero ricoverare all’ospedale Regina Margherita in Torino. Purtroppo dopo appena due giorni dal ricovero, come una doccia gelata in pieno inverno, arrivò la durissima sentenza: Marco era affetto da un NEUROBLASTOMA, una forma cancerogena delle più aggressive. Sulla famiglia Marchiaro scese il buio fitto.


                         
DALL’ASILO ALLA 1^ ELEMENTARE
“Chi diventerà piccolo come un bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli” (Mt 18,4)

Dopo un mese di ricovero al Regina Margherita, Marco tornò a casa, ma ogni tot di tempo gli era necessario ritornare a Torino perché aveva iniziato il ciclo della chemioterapia. Questa cura gli fiaccò il fisico, ma non la volontà di continuare a lottare per poter guarire. Volle iniziare la scuola come tutti i suoi compagni, anche se faceva molta fatica a seguire le lezioni. Ce la metteva tutta.

Era comunque anche supportato da una buona intelligenza. Il suo Amico del cuore, Luca C., a tal proposito ci racconta: “ Anche se tante volte a causa delle forti cure che faceva Marco dovette fare parecchie assenze,tuttavia ogni volta  che lo poté venne a scuola e fin dove poteva arrivare non perse una sola spiegazione della nostra maestra Elvira Grasso. È ancora nitido in me questo ricordo (ovviamente che compresi bene solamente in avvenire): la maestra aveva suddiviso la classe in bambini che apprendevano facilmente la lezione da altri che invece facevano più fatica. Se non avesse fatto così, ahimè il risultato sarebbe stato abbastanza scontato: se lei fosse andata avanti con le spiegazioni, chi faceva difficoltà sarebbe stato condannato a rimanere sempre indietro, perché non ce l’avrebbe fatta. Se invece rallentava troppo, chi capiva subito avrebbe finito con l’annoiarsi.

Che fare? Per ottenere risultati migliori, a chi era più debole dedicava un po’ più di tempo, mentre a chi non lo era dava degli esercizi in più. Naturalmente dietro una piccola ricompensa consistente in una macchinina di gomma colorata, dono utile e contemporaneamente dilettevole perché con la macchinina si poteva giocare e con la gomma cancellare gli errori fatti sul quaderno. Ebbene, anche se Marco in quell’anno fece parecchie assenze, tuttavia si assicurò meritatamente il premio perché, con la sua spiccata intelligenza, spesso arrivava per primo a consegnare gli esercizi assegnati.

E la maestra Elvira lo premiava con gioia regalando a lui anche dei bellissimi sorrisi. Anch’io, se pur piccolo, gioivo nel vedere premiato il mio caro Amico”.
Interpellata, la cara maestra Elvira ci offre questa sua testimonianza: “Guarda Marco! È  venuta a trovarti la tua maestra … Ero andata a casa del piccolo Marco che da tanti giorni non veniva a scuola. Volevo vederlo e pensavo di poter fare con lui qualcosa a domicilio, di aiutarlo così a completare l’anno scolastico. La mamma lo teneva in braccio e lo sollecitava a salutarmi, a parlarmi, ma Marco non ne aveva la forza. Il suo faccino pallido incorniciato da tanti ricciolini, gli occhi dolci, il tentativo di un sorriso mi colpirono molto tanto da rivedere, anche se parecchi anni dopo, quella scena.

Si vedeva che soffriva, ma non si lamentò mai! -Marco, capisco che sei stanco, vero? -. Un cenno di assenso – Non preoccuparti ci vedremo un altro giorno - Uscii da quella casa con il cuore gonfio e non ho mai dimenticato quel bimbo meraviglioso e coraggioso. Anche se il tempo trascorre inesorabilmente e spesso sbiadisce tante cose, al contrario il ricordo di Marco rimane vivo e indelebile”.


               
MARCO ERA PREPARATO PER UN ALTRO SÌ
“Tu sei, o Dio, la mia difesa, tu, o mio Dio, sei la mia misericordia”  (Sal 58,18)

Il ciclo di chemioterapia aveva dato buoni risultati e così si poté procedere all’intervento chirurgico. Era il martedì 26 ottobre 1982. Mamma e papà vegliarono per più ore nel corridoio antistante la sala operatoria: un po’ piangendo, un po’ pregando, un po’ stringendosi le mani … il tempo pareva interminabile, ma nel loro cuore c’era la speranza che Marco ce l’avrebbe fatta. Quando finalmente uscì, era l’immagine di Gesù crocifisso talmente era legato a tubicini e monitor vari; però a detta dei medici che lo avevano operato “ L’intervento aveva dato esito positivo e Marco aveva risposto bene”.

Era necessario guardare avanti ; la mamma gli rimase sempre accanto, non lo lasciò mai  solo neanche per un istante, mentre zia Rosa vegliava sul fratellino Stefano. Dopo un mese di ospedale finalmente il nostro piccolo eroe tornò a casa e ognuno cercò di fare il possibile per dare alle sue giornate una parvenza di normalità. E lui desidera tornare anche a scuola, il più presto possibile. Voleva rivedere la sua maestra, i suoi compagni che chiedevano sempre sue notizie. Ricorda ancora il suo Amico del cuore, Luca: “Quando è tornato a casa dall’ospedale sono andato subito a trovarlo.

Mi mancava la sua presenza, la sua compagnia. Quella era la prima volta che vidi Marco senza i suoi inconfondibili riccioli scuri; l’ho trovato seduto sul divano con un cappellino in testa. La sua casa era piena di giocattoli di tutti i tipi, ma i suoi preferiti rimasero i puffi di cui faceva la collezione. Poi man mano che riprese le forze, ha iniziato a scendere in cortile e ricordo che, per il giorno del mio compleanno, sua mamma lo ha portato a casa mia.

Giocammo tantissimo a calcio e, seppur ancora un po’ debilitato, ce la mise veramente tutta! Stava tornando il solito Marco dalla prorompente vivacità. Parlando di calcio, era interessante la comparazione che facevamo con due noti calciatori del tempo. Lui mi aveva “battezzato” con l’appellativo di Cabrini, perché io ero nato il giorno 3 e quello era il numero che portava sulla sua maglia di calciatore. Lui invece, essendo nato il 1°, fu “battezzato” Zoff perché sulla sua maglietta aveva stampato il numero 1”. Le giornate di Marco trascorrevano serene.  Più volte la sua famiglia, insieme a quella di Luca, si mise in viaggio alla volta di Mondovì, per andare a consultare un uomo di Dio seguace di padre Pio, Franco Mondino, uomo che dal Signore ha ricevuto dei doni di chiaroveggenza e di profezia. Si potevano definire quasi come dei  “viaggi della speranza”, ma che tuttavia non diedero mai ai genitori di Marco quella certezza che loro cercavano. La risposta di Franco, dopo aver incontrato il piccolo,  fu questa: “Pregate, siamo nelle mani di Dio!”.

Però era di tanto incoraggiamento a mamma Rita che ad ogni giro tornava a casa più rincuorata, più rinfrancata. Ritrovava quel coraggio necessario per continuare a combattere la Buona Battaglia. Anche in merito a questi viaggi della speranza, il suo Amico Luca ricorda che: “Ogni volta che Marco veniva con noi, al termine dell’incontro con Franco Mondino, tappa obbligatoria era il bar di fronte alla stazione dove potevamo scegliere tra l’aranciata e il gelato. Anche quei momenti ci servivano per far festa. Oggi a distanza di anni, ogni volta che ho l’occasione di rivedere suo fratello Stefano, immancabilmente il mio pensiero corre al mio Amico perché in lui rivedo la sua bontà, il suo sorriso … rivedo quell’Amico che mi piacerebbe rivedere ancora al mio fianco!

 

AVANTI

 

 

 


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