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Lorenzo Malacarne
“Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba” (Es 19,16)
PISA 28 ottobre 2014 3A
Parla di un episodio di razzismo al quale hai assistito.
Sono un ragazzo di 16 anni e, nonostante la mia età, considero questo mondo una “trappola mortale” dalla quale non possiamo più uscire.
Quel giorno, come al solito, stavo ritornando da scuola in autobus.
Tutto era tranquillo, come sempre.
Ero seduto nei seggiolini dietro l’autista, avevo le cuffie ed ascoltavo la musica, quando vidi in lontananza un uomo di colore con il pollice della mano alzato che faceva richiesta di fermata.
L’autista, ne sono certo, l’aveva visto, ma nonostante ciò continuò a schiacciare sull’acceleratore con un sorrisetto beffardo sulle labbra e lo oltrepassò senza nemmeno rallentare.
Vidi l’uomo di colore correre appresso all’autobus sino allo sfinimento: a quel punto si fermò dando segno di stanchezza e di odio verso il conducente.
Rimasi agghiacciato per la scena a cui avevo appena assistito, ai miei occhi così incomprensibile e triste; avrei voluto chiedere all’ autista il perché del suo comportamento, ma non riuscivo nemmeno a parlare.
Da quel momento ho iniziato a riflettere e ho capito che stiamo sbagliando tutto. Ci fermiamo all’apparenza, alla diversità fisica: giudichiamo una persona in base al colore della sua pelle o alla sua provenienza, aspettandoci da chi è “diverso” da noi soltanto il peggio.
Prima ho detto che siamo in una “trappola mortale” dalla quale non possiamo più uscire ma la vera trappola non è tanto il mondo in cui viviamo, quanto la nostra mente: non capiamo che abbiamo tutti gli stessi diritti, non capiamo che spesso “l’altro” ha patito più di noi, non ne capiamo la bontà, non ci rendiamo conto che siamo uguali. È questo che conta: non ci sono distinzioni o differenze, non ci sono razze, siamo tutti uomini allo stesso modo e nessuno è meglio dell’altro.
Anche l’autista della storia che ho appena raccontato è rinchiuso in questa “trappola mortale” e non penso ne uscirà perché difficilmente accetterà di fermarsi a riflettere, di capire come stanno le cose. Il razzismo non dovrebbe esistere ma la mente umana non riesce a non essere razzista, piena di pregiudizi e impaurita dal “diverso”.
“Ah! Questa generazione bruciata!” E’ un’esclamazione che sentiamo dire soventemente, quando si parla dei nostri ragazzi. A onor del vero i problemi non mancano, sono tanti e sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia non si può fare di “ogni erba un fascio”. Pertanto eccoci qui a presentare un nuovo Amico dal volto e dal cuore solari, dall’entusiasmo prorompente, dall’animo sinfonialis, costantemente pronto a dire la famosa “parolina magica” che rende tutto e tutti migliori: grazie! Con il sorriso che parte dal cuore per arrivare al cuore. In 3^ superiore ha scritto il tema che fa da introduzione a questo profilo. Ma già in 2^ media, in un precedente tema, raccontando la festa di compleanno di Alberto, il suo amico del cuore, così scrive: “La risata è la medicina di ogni bambino”. E lui, per primo, sprizza felicità da tutti i pori. Ma andiamo progressivamente alla scoperta di quest’altra avventura veramente interessante e anch’essa speciale.
PONTEDERA (PI) GIOVEDÌ 19 MARZO 1998
Prossimi ormai all ’imminente primavera, mentre le giornate già si allungano e l’aria inizia ad essere più mite, in casa Malacarne tira un’aria di attesa tutta speciale. È in procinto l’arrivo del primogenito Lorenzo e Benedetta Montagnani e Roberto già pregustano la gioia di sapersi presto mamma e papà. A rendere ancor più fervida l’attesa sono le tante felicitazioni che Benedetta riceve da chiunque incontra. Il giorno prima del parto ella è andata al mercato di Ponsacco e girando tra le bancarelle, amici, amiche e conoscenti, con aria festosa, le si sono stretti intorno augurandole che tutto abbia ad andare bene. “Forza Benedetta, che ormai sei vicina!” le ripetevano, ed ella è veramente felice. Allo stesso modo è felice Roberto, che ha ricevuto le felicitazioni dei colleghi di lavoro, famigliari e amici. I buoni auspici diventano ben presto realtà perché proprio il giorno dopo, poco prima delle 23,10 di giovedì 19 marzo 1998, con la valigia già pronta da qualche giorno, Benedetta e Roberto partono in fretta per l’ospedale “Felice Lotti” di Pontedera e lì nasce Lorenzo. Quella notte, oltre al capannello dei parenti e degli amici più stretti, “anche le stelle brillavano di gioia dalle loro vedette” (Cfr. Bar 3,34) per l’arrivo del neonato.
Papà Roberto ricorda così quel momento: “Bella esperienza! Unica! Anche per me era tutto nuovo, mi sentivo impreparato, ma con dentro una gioia e un’emozione grandi. Quando viene al mondo una nuova creatura si percepisce che tutto è un dono grande e che tutto è bello!”.
PONSACCO (PI) DOMENICA 6 SETTEMBRE 1998
Per Lorenzo e per la sua famiglia questo è un altro giorno ricco di gioia e di emozioni. Nella sua parrocchia, intitolata a S. Giovanni Evangelista, Lorenzo insieme ad altri neonati riceve il Battesimo, il dono più bello dopo il dono della vita naturale datogli dai suoi genitori. Da quel giorno la Vita soprannaturale della Grazia, la Vita stessa di Dio che è Vita eterna, scorre anche nelle sue vene e gli spalanca le porte del Paradiso. Il giorno della nascita non è l’inizio del conto alla rovescia verso la morte: è l’inizio di un bellissimo cammino verso la felicità eterna e il Battesimo è la porta per entrare in questo nuovo cammino. Cari papà Roberto e mamma Benedetta, quanto vi è grato Lorenzo! Per tutta l’eternità vi benedice e intercede per voi. Quanta gioia anche per i nonni, in particolare nonna Franca e nonna Edda. Per gli zii che hanno assunto il compito importante di padrino (Raffaele Montagnani) e di madrina (Cinzia Malacarne) . In questo giorno dei regali la sua famiglia gli ha fatto il Regalo più bello: “L’acciarino”. Perché, vi chiederete? Non stiamo parlando del giorno del Battesimo? Ascoltiamo. Una storia ebraica del diciottesimo secolo narra di un giovanotto che voleva diventare maniscalco. Il ragazzo cominciò facendo l’apprendista e imparò velocemente le tecniche del mestiere. Imparò a usare le tenaglie, a battere il ferro sull’incudine, a servirsi del mantice. Terminato l’apprendistato, trovò un posto nell’officina del palazzo reale. Tutta la sua abilità nell’uso dei ferri del mestiere, però, si rivelò inutile perché non aveva imparato a usare l’acciarino per accendere il fuoco, indispensabile per il suo lavoro. È ovvio che i nostri figli devono assimilare certe competenze (saper leggere, nuotare, usare il computer …), devono prepararsi a vivere nel ventunesimo secolo. Ma se non offriamo loro nient’altro, negando l’aspetto spirituale, non facciamo che occuparci dei dettagli frivoli dell’esistenza, come se essa non avesse un cuore pulsante al suo interno. Mamma Benedetta e papà Roberto con il loro amore e con il dono del Battesimo hanno messo nel cuoricino del figlio “l’acciarino Gesù”, così che fin dai primi giorni TUTTO possa avere un senso profondo. In questo modo si diventa parte di un Disegno meraviglioso … anche se noi, molto spesso, non riusciamo a comprenderne il significato e ne vediamo solamente la brutta copia. Quella domenica, lo Spirito Santo ha inciso nei microsolchi dell’anima queste parole: “Lorenzo, tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo. Non temere, perché io sono con te” (Cfr. Is 43,4-5). Veramente tutta la sua avventura è segnata da questa Presenza.
INFANZIA
Lorenzo, fin dall’infanzia si rivela una persona speciale. Frequenta la scuola dell’infanzia a Camugliano di Ponsacco , all’Istituto comprensivo “Marchese Lapo Niccolini” e le maestre lo ricordano come un bimbo vivace sia per la sua spiccata intelligenza sia per la prorompente vitalità. La mamma Benedetta ricorda con commozione un mattino che, accompagnando il piccolo a scuola, ha raccolto un fiore per strada perché, le dice, “devo portarlo alla maestra!”. Uno dei suoi divertimenti preferiti? Ce lo racconta nonna Franca: “Era imitare l’uomo Ragno. Si arrampicava dappertutto con un’agilità da farmi prendere non pochi spaventi. Sulle porte, sul muretto intorno casa; insomma ovunque potesse trovare una base sulla quale arrampicarsi!”. Ama il calcio e tutti quei giochi che lo fanno stare bene insieme agli altri.
FANCIULLEZZA
I giorni trascorrono sereni e arriva il tempo delle elementari che frequenta a Val di Cava di Ponsacco. Qui insegna la maestra Maura che lo accompagna dalla prima alla quinta classe. Un affetto, il suo per Lorenzo, che dura nel tempo e che si rende presente sia al suo funerale, sia al teatro Odeon il 13 aprile 2017, durante una festa organizzata in sua memoria. La mamma ricorda volentieri i colloqui che aveva con lei periodicamente, nei quali l’alunno veniva sempre elogiato. “Ogni volta che tornavo a casa – racconta - avevo il cuore che scoppiava di gioia”. Ed è proprio nel corso delle elementari che Lorenzo inizia a lasciar intravvedere sue prime passioni: i giochi di prestigio e l’amore per gli animali. |