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LAURA CAROSSO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1982 e 1984: Due anni e due grandi prove.

Laura: Ma ecco che, purtroppo, all’orizzonte cominciavano a fare capolino due prove terribili. A dicembre del 1982, all’età di 52 anni moriva la mia mamma. Questo fatto se, da una parte lasciò un grande vuoto, dall’altra fu una ricca eredità di fede, sacrificio e fedeltà fino all’ultimo, sia al suo dovere di moglie che di madre. Con un esempio così forte, sono stata facilitata poi nel fare bene, a mia volta, il dovere di moglie e di madre. E poi, nel mese di novembre dell’anno 1984 cominciai ad accusare i primi sintomi di un male misterioso e subdolo. Consultammo ben quattro medici, ma le loro diagnosi non colsero il problema e così quel misterioso malessere, intanto, continuò il suo inesorabile decorso. Anche, e soprattutto in questa fase della mia vita, Sergio non solo mi fu sempre accanto, ma la nostra intesa divenne ancora più intensa e profonda. Ci sentivamo in piena sintonia! I disturbi intanto diventarono così insopportabili che, alla vigilia di Natale decidemmo un ricovero urgente all’ospedale di Alba. Qualche giorno dopo, la situazione si aggravò decisamente e mi trasferirono a Cuneo. Una TAC a Torino tolse tutti i dubbi. La diagnosi fu tremenda: (cancro altamente maligno al cervello). Dopo l’Epifania del 1985 mi sottoposero ad un delicatissimo intervento che durò 8 ore; questo, poi, fu completato da un ciclo di radioterapia della durata di tre mesi nei quali rimanemmo sempre in ospedale. Seppure fosse un tumore incontrollabile, intraprendemmo dopo le massicce terapie post intervento, un altro ciclo di chemioterapia per tentare di prolungare il più possibile la vita, che in casi simili non poteva che essere molto breve. Furono otto mesi di terapia con farmaci dagli effetti collaterali devastanti. Centinaia di fiale di cortisone come cura di mantenimento a casa. Giunsi così alla fine dell’anno 1985.

Sergio: In quel periodo buio sperimentammo come il Signore permise che ti colpisse quella prova perchè i nostri figli, crescendo, avessero in te un esempio di pazienza come quella del santo Giobbe. Infatti anche se fin dalla tua fanciullezza tu hai sempre temuto Dio e osservato i suoi comandamenti, non ti lamentasti contro di Lui per quella malattia. Anzi, cari Katia, Marco e Luca, ve lo potrei testimoniare in ogni momento: vostra madre rimase salda nel timore di Dio e gli rese grazie tutti i giorni della sua vita. Quante volte, sostenendoci e animandoci a vicenda, ricordammo questa verità: noi siamo figli di Dio e aspettiamo la vita che Egli darà a coloro che non perdono mai la fede in Lui. E questo ti diede una forza straordinaria per dimostrare, anche allora, chi eri. Invece di curarti per pensare a te, in realtà lo facevi per poter seguire fino in fondo la nostra famiglia. Il tuo spirito di madre verso i nostri figli era più forte del male stesso. E questo lo pensavamo insieme. Tuttavia, purtroppo, a gennaio 1986 il male tornò più forte di prima e, in sette mesi, riuscì a fermare fisicamente il tuo grande cuore. Questi mesi furono per entrambi un duro calvario, ma non ci sentimmo mai soli perchè la Mamma del cielo, che se fino ad allora ci aveva accompagnati con grande attenzione, ora aumentava ulteriormente il suo amore per noi. La promessa che la Santa Vergine mi fece quel giorno nella chiesa della Maddalena in Alba, in quei mesi la toccammo, attraverso la sua delicatezza materna, in modo veramente singolare. Vi bastino questi due episodi: quando la mamma fu ricoverata a Cuneo, io, là, non conoscevo nessuno. L’Associazione Volontari Ospedalieri (AVO) ci fu vicino in molti modi. Ad esempio, una delle volontarie, residente a Cuneo, vedendoci così sofferenti, stanchi e provati, mi consegnò letteralmente le chiavi della sua casa affinché mi potessi lavare, rifocillare, riposare, restando lei al mio posto vicino alla mamma. E questo aiuto continuò fino alla fine e in altro modo anche per alcuni mesi dopo.

Marco, sei nato dopo sette mesi di gravidanza molto difficile e rischiosa e pesavi solamente 1,25 Kg. La postura dei tuoi piccoli piedi non era corretta, ci dissero in seguito che dovevano operarti al cervello altrimenti non avresti potuto camminare. Passammo da un ospedale all’altro e al centro di chirurgia infantile del Gaslini di Genova esclusero del tutto la necessità dell’intervento e ci indirizzarono a semplici terapie ortopediche che risolsero il tuo problema. Tornando a casa dal Gaslini, ci fermammo al Santuario di Arenzano per esprimere il nostro grazie riconoscente. Capite, come lo fu un giorno per la Mamma del cielo, anche a noi la croce non venne tolta, bensì Lei stessa ci aiutò a portarla fino alla cima del calvario. Ancora oggi, quella CROCE continua a rivelarci qualcosa di infinitamente grande. In “Lei” il nostro sguardo va oltre...

 

 

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