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FINALMENTE ERA ARRIVATO ANCHE IL MIO GIORNO
Quella sera, ascoltando questa parabola, compresi che anche per me era arrivato il momento di dire al Padre: “ Padre ho peccato!”. E così ho fatto ciò che da tanto tempo non facevo più. Con tanta fiducia nella Sua divina misericordia ho consegnato nelle Sue mani tutto il mio passato e Lui, con la voce rassicurante di Amico mi disse: “Non ricordare più le cose passate, non pensare più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non te ne accorgi? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (Is 43,18-19). Nella mia vita, dopo tanto tempo, come tanti anni prima, stava tornando una luce nuova che mi avrebbe aiutato a riscoprire che: “Un giorno nei suoi atri sarebbe stato meglio che mille altrove” (Sal 83, 11).
Dopo tante avventure e tanta ricerca, finalmente stavo comprendendo che bastava un solo giorno per conoscere la felicità intera, con Dio. Ho risentito su di me le Sue parole onnipotenti: “Giuseppe, io ti assolvo da tutti i tuoi peccati!”, senza essere giudicato, senza che mi venisse rinfacciato il tempo perso e tutte le occasioni di grazia sciupate. Era finalmente arrivato il tempo della mia rinascita spirituale. Quell’assoluzione sacramentale dei miei peccati: “Mi aveva reso pieno di dolce speranza perché, ancora una volta, dopo i peccati, mi concesse la possibilità del pentimento” (cfr Sap 12,19).
E le sorprese non erano finite, perché, con il cuore ormai libero da ogni peso, ho potuto ricevere Gesù nella Comunione. Nel mio cuore sono riecheggiate le sue parole: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo che è dato per voi” (Lc 22,19). Chi ero io per ricevere Gesù, il Figlio del Dio vivente? Perché proprio a me un simile dono? Perché Lui stesso ha insegnato che “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Mt 9,12) e che “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”(Rm 5, 20). Ero felice! Finalmente mi sentivo a mio agio, a casa! E nella mia mente hanno iniziato a riaffiorare tanti cari ricordi.
QUANTO SONO STUPENDE LE TUE OPERE, SIGNORE!
La mia maestra
Innanzitutto quello della mia cara maestra delle elementari, Rosalba Tolin. Quante volte mi diceva che avevo un animo buono e che sapevo rendermi simpatico, anche se irrequieto e vivace. Una cosa che aveva più volte notato è che non mi schieravo mai dalla parte dei più “forti”, ma amavo difendere i più deboli. Anch’io ricordo i tre anni rimasi vicino ad un mio compagno in difficoltà che spesso veniva da altri canzonato e scartato. Durante l’intervallo rimanevo spesso in sua compagnia e lo aiutavo persino a raccogliere le briciole che gli cadevano a terra. Dalla mia famiglia ero stato educato bene e così mi comportavo anche a scuola. Come tutti i bambini, anch’io a volte sbagliavo e venivo ripreso dalla maestra, ma sapevo accettare di buon grado la correzione, e ho mantenuto questa educazione. Ho salutato sempre con un grande sorriso la mia maestra, ogni volta che incontravo per le vie del paese. Lei era contenta e mi diceva che “quel sorriso conquistava le persone e rimaneva loro impresso”.
I miei compagni
Ho un caro ricordo della mia classe, dov’ero l’amico di tutti; eravamo un bel gruppo, molto affiatato, e collaboravamo molto con la maestra che spesso ci faceva i complimenti in quanto eravamo propositivi, collaborativi e con molti interessi. Quante domande le facevamo e già allora sapevo esprimere le mie idee! Un simpatico aneddoto che ha fatto sorridere più volte i miei genitori è stato quando, in seconda elementare, siamo andati in gita scolastica ad Aosta. Papà e mamma mi avevano dato i soldini per comperare qualcosa da mangiare, ma io li ho spesi per prendere un regalo per mio fratello Enrico. Cos’è poi successo? Avevo tanta sete e senza più un soldo in tasca per comprarmi da bere, ma non osavo chiedere un piccolo prestito alla maestra o ai miei compagni. Tornando a casa, dal pullman vedevo tanta acqua scendere dalle montagne che avrei voluto abbracciare quelle cascate, ma non era possibile. Così il principale ricordo di quella gita è stato quello della tanta sete sofferta.
Esserci
Un’altra caratteristica che mi contraddistingueva era la mia disponibilità verso gli altri: agli amici amavo dare tutto senza riserve. Così facendo, anche se sbagliavo, il male lo facevo a me stesso. Con mia mamma avevo un rapporto molto stretto che tradiva il mio bisogno di tenerezza e sicurezza. Così come lo avevo con la mia cara nonna materna “Censina” che spesso mi richiamava, mi rimproverava e mi correggeva. L’ascoltavo sempre con attenzione e non mi sono rivoltato contro di lei, anche se poi, in verità, non sempre correggevo i miei difetti. Così anche con il mio caro zio Gianni e con tutte le altre persone che mi hanno dato dei consigli. Era così forte in me quest’indole di sensibilità e disponibilità ad aiutare gli altri che un giorno, vedendo due cani bisticciare tra loro, ho sentito il dovere di dividerli perché non si facessero del male. Risultato? Uno dei due mi ha morso e sono finito d’urgenza al Pronto Soccorso dove me la sono cavata con sette-otto punti di sutura. Quello era stato il risultato del mio zelo!
Un altro episodio che aiuterà a comprendere ancora meglio il mio carattere, lo ha raccontato a mia madre la monaca priora delle suore Passioniste di Boglietto (AT). Il convento del Tinella, come da sempre viene chiamato quel luogo, da quando i frati lo avevano lasciato, era abbandonato a se stesso e spesso diventava luogo di incursioni alla ricerca di qualcosa di segreto e di misterioso. Fino a quando non sono arrivate le monache Passioniste e quel luogo, ormai diventato di loro proprietà, anche a causa della ristrutturazione di cui aveva bisogno, venne chiuso a qualunque estraneo. Fu così che un giorno, io e i miei amici, durante uno dei nostri giri di perlustrazione, siamo stati fermati dalla madre superiora, la quale ci spiegò che là non si poteva più entrare e che stava per diventare un monastero di clausura. I miei amici non volevano rinunciare alle “incursioni” e avrebbero voluto ribellarsi all’invito della monaca, mentre io, anche se “scaldato” come loro, li dissuasi dall’insistere e li invitai a rispettare le nuove inquiline e le loro esigenze. Fu così che siamo andati a cercare altri luoghi per le nostre scorribande giovanili.
Un caro Amico
Nei miei ricordi riaffiora molto nitido il volto di un carissimo amico incontrato alle scuole superiori, Gavino. Lui è uno di quelli che mi ha conosciuto bene. Tra me e lui non c’erano segreti, ma solamente complicità. Nelle nostre lunghe chiacchierate tante volte mi ha “tirato gli orecchi” quando gli confidavo che questo mondo mi stava stretto, che in esso non trovavo nulla che mi soddisfacesse pienamente, che preferivo fughe verso sensazioni immediate per tornare poi ad un quotidiano che non accettavo. Volevo farmi vedere forte nascondendomi dietro l’affermazione: “Nessuno riuscirà mai a mettermi i piedi in testa!” Purtroppo ha avuto ragione lui perché era solo il mio orgoglio che mi faceva parlare così, e questo non mi ha portato molto lontano. Sapevo che aveva ragione, ma ammetterlo mi costava! Ma il costo è svanito, quando ho riscoperto il mio Amico Gesù.
Di Gavino ricordo con piacere il nostro primo incontro all’I.P.C. di Alba (CN) dove la nostra intesa è stata immediata e duratura. Niente di complicato, la ricetta della nostra amicizia era spontaneità, gioco, ridere, scherzare, … anche studiare. Eravamo due “geni” nell’inventare gli scherzi più impensati. Rimarrà indimenticabile la “mano naso” per tramutarci in un altro ego del tutto identico al precedente, ma non conosciuto dall’altro. Raccontato così forse si comprenderà poco, ma per noi che lo avevamo inventato, vi assicuro che era uno spasso unico. Eravamo veramente come due fratelli, bastava solo uno sguardo perché capissimo a vicenda i sentimenti l’uno dell’altro, le paure, le necessità … In questa nuova Luce dove ora comprendo tutto in modo nuovo, non posso che benedire il Signore per la gioia e bellezza della nostra amicizia |