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FOTO PIERGIANNI RIVETTI

Un cara Amica

Non dimenticherò la mia cara amica Gaia. Rimarrà per me una stella luminosa nella mia avventura terrena, un punto fermo che potevo tranquillamente definire: la mia “coscienza critica”. Ci siamo conosciuti quando avevamo entrambi 11 anni e insieme abbiamo vissuto tante avventure che ci hanno aiutato a comprenderci, a stimarci e valorizzarci a vicenda.
Non dimenticherò le sue parole ripetute tante volte: “Sono stata veramente fortunata ad incontrarti!”. Oggi capisco ancora meglio quanto anch’io fossi altrettanto fortunato di aver potuto condividere con lei tanti bei momenti.

Mio nipotino Alessandro

Un altro episodio molto bello l’ho appreso dalla mia mamma in uno dei nostri tanti dialoghi che abbiamo nella preghiera dove, nella Comunione dei Santi, lei è in me e io in lei. Dono, questo, che solo adesso sto comprendendo appieno. Di tutta la mia “smania di superiorità” che amavo ostentare in pubblico, mi “spogliavo” soprattutto quando mi trovavo in mezzo ai miei tre nipotini: Alessandro, Simone e Sofia.
Alessandro all’età di otto anni e mezzo, partecipando all’estate ragazzi, ha accolto l’invito dell’educatrice di scegliere tra due proposte: inventare un modo per chiedere perdono a qualcuno con cui si è bisticciato, oppure ricordare una persona cara attraverso un disegno. Mio nipotino scelse la seconda proposta. Si mise al lavoro molto seriamente e disegnò me, suo zio, mentre camminiamo insieme, mano nella mano, in un prato con tanti fiori e tante farfalle. Nel momento della consegna all’educatrice, Alessandro è scoppiato in lacrime.
Se il mio piccolo Alessandro ha versato tante lacrime così sincere ricordandomi com’ero, mi sento di dire che dietro la mia “scorza dura” in realtà si nascondeva un cuore di bimbo. Ed è proprio con questo cuore di bimbo che, a causa di un malore improvviso, nella notte del 16 febbraio 2010, all’età di 33 anni, nel sonno, sono passato da questo mondo al Padre. Non ho avuto nemmeno il tempo per salutare le persone care. In compenso ora ho l’eternità per amarvi e per ricambiare tutto quello che state facendo e farete per me.
Come ho fatto io qualche giorno prima di varcare la soglia del Cielo, caro amico che leggi, afferra anche tu la corona del Rosario e prega: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per me peccatore mentre sono ancora nel tempo, ma specialmente quando, anch’io, sarò chiamato ad incontrare Gesù faccia a faccia”. In questa Comunione di grazia e di luce, che ho intravisto appena nel mio pellegrinaggio terreno, potremo incontrarci per sempre. Tuttavia già fin d’ora questo è possibile ogni volta che tu partecipi all’Eucaristia. Lì siamo uno, proprio come ha detto Gesù: “Che tutti siano uno. Come tu, Padre, sei in me e io in te, anch’essi siano uno in noi. Io ho dato loro la gloria che tu mi hai data, perché essi siano uno come siamo uno noi: io in loro e tu in me, perché siano perfettamente uno “ (Gv. 17,21-23).

Le mamme Indù, nell’India, raccontano ai loro figli

C’era una volta un capretto muschiato (sono quei capretti che hanno una specie di sacca di pelle in cui c’è la ghiandola del muschio, una ghiandola che secerne profumo). Quel capretto sentì un mattino un filo di profumo che lo adescò; incurante delle esortazioni della mamma, si mise a seguire quella traccia di profumo, di giungla in giungla. Rinunciò a tutto: a mangiare, a bere, sempre ossessionato da quel filo di profumo, finché una sera cadde in un burrone. Precipitando si sfracellò. L’ultimo suo atto prima di morire, fu quello di avere pietà di se stesso e di leccarsi il petto. Mentre si leccava il petto, la tasca dov’era la ghiandola del muschio si spezzò interamente e si diffuse il profumo. Allora il capretto cercò di aspirare il profumo. Ormai moriva. Troppo tardi! La mamma Indù commenta: “Mio piccolo bimbo, non cercare al di fuori di te il profumo di Dio, se no perisci nella giungla della vita. Cercalo nella tua anima; lì, nella tua anima, troverai Dio”.
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