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Poi vidi, ed ecco l'Agnello che stava in piedi sul monte Sion, e con lui erano centoquarantaquattromila persone che avevano il suo nome e il nome di suo Padre scritto sulla fronte. (Ap. 14,1)
UN SOGNO DI DON BOSCO
La sera del 6 dicembre 1876 don Bosco raccontò ai suoi giovani una meravigliosa visione avuta nella notte:
“ Mi sembrò di essere sopra un piccolo rialzo di terra, in una collina, ai margini di una pianura immensa, i cui confini l’occhio non poteva afferrare. Si perdeva nell’immensità. Era tutta cerulea come un mare in piena calma; ma quello che io vedevo non era acqua. Sembrava un terso e lucente cristallo.
Larghi e giganteschi viali dividevano quella pianura in vastissimi giardini, di bellezza inenarrabile, tutti frazionati in boschetti, praterie e aiuole di fiori, a forme e colori diversi. Le erbe, i fiori, gli alberi, i frutti erano vaghissimi e di aspetto eccezionale.
Le foglie erano d’oro, i tronchi e gli steli di diamante e il resto di straordinaria preziosità. Io vedevo in mezzo a quei giardini e in tutta la pianura innumerevoli palazzi e castelli di un’architettura, di un’armonia, magnificenza, vastità così straordinaria, che per costruire uno di quelli sembrava non dovessero bastare tutti i tesori della terra.
Mentre ero colmo di stupore, ecco diffondersi una musica dolcissima, di così affascinante e soave armonia, che io non posso darne un’idea adeguata. Parevano centomila strumenti di un’orchestra prodigiosa; tutti davano un suono differente e una vastissima gamma di note si dipanava per l’aria. Su questo sfondo emergevano i cori dei cantori. Vidi allora una moltitudine di gente, in quei giardini, che si divertiva allegra e contenta. Chi suonava, chi cantava. Ogni voce, ogni nota faceva l’effetto come di un complesso di mille strumenti, tutti diversi l’uno dall’altro. Ah! Per descrivere quest’armonia non bastano parole umane.
Dal volto di quei felici abitatori traspariva non soltanto un piacere straordinario nel cantare, ma contemporaneamente un immenso gaudio nell’udir cantare gli altri. E quanto più uno cantava, più gli si accendeva il desiderio di cantare; e quanto più ascoltava, tanto più desiderava ascoltare. Il loro cantico era questo: “Ogni onore e gloria a Dio Onnipotente, a Colui che era, che è e che verrà a giudicare i vivi e i morti, nei secoli dei secoli”.
Mentre don Bosco ammirava tante meraviglie, al suono di una musica dolcissima, gli comparve il suo allievo prediletto, San Domenico Savio, a capo di una schiera di giovani, molti dei quali don Bosco riconobbe. «Savio si avanzò — racconta —. Mi era così vicino che, se avessi steso la mano, l’avrei certamente toccato.
Taceva guardandomi sorridente. Com’era bello! Le sue vesti erano eccezionali. La tunica candidissima che gli scendeva fino ai piedi era trapunta di diamanti, e tessuta d’oro. Un’ampia fascia rossa gli cingeva i fianchi, ricamata così fittamente di gemme preziose che una quasi toccava l’altra; le gemme, intrecciandosi in un ricamo meraviglioso, presentavano una tale bellezza di colori, che al vederlo mi sentivo svenire dallo stupore.
Dal collo gli pendeva un monile di fiori esotici e rarissimi: sembrava che i petali fossero di diamanti tenuti insieme da gambi d’oro. I fiori sfavillavano di una luce sovrumana, davano barbagli più vivi del sole, che in quell’istante brillava in tutto lo splendore di un mattino di primavera. I riflessi dei raggi illuminavano il viso candido e rubicondo di Domenico in una maniera indescrivibile; l’illuminavano talmente che non si potevano distinguere le varie iridescenze. Gli cingeva il capo una corona di rose. La capigliatura che gli scendeva ondulata per le spalle e gli conferiva un aspetto così bello, così affettuoso, così attraente che sembrava … sembrava … un angelo!».
Don Bosco osservava come fuori di sé per la meraviglia. Finalmente Domenico parla, svela il suo nome e compiace don Bosco, che vuol sapere che cosa significhi quell’abbigliamento così smagliante. In sua vece risponde cantando il coro dei giovani, pur essi bianco vestiti con fascia rossa. Il canto riportava frasi bibliche: «Essi ebbero i fianchi cinti e lavarono le loro vesti nel Sangue dell’Agnello. Essi sono vergini e seguono l’Agnello dovunque vada» (cfr. Ap 14,4).
“Allora intesi come quella fascia fosse simbolo dei sacrifici e quasi del martirio sofferto per conservare la virtù della purità”. Riavutosi dal suo grande stupore, vide Domenico Savio che gli mostra un magnifico mazzo di fiori: vi erano rose, viole, girasoli, genziane, gigli, semprevive e, in mezzo ai fiori, alcune spighe di grano.
— Questo mazzolino mostralo ai tuoi figli, fa’ che tutti lo abbiano: ne avranno abbastanza per essere felici. — Ma che cosa indica codesto mazzo di fiori?
— La rosa — rispose Savio — simboleggia la carità, la viola l’umiltà,il girasole l’ubbidienza, la genziana la penitenza, il giglio la purezza, le spighe la Comunione frequente, la sempreviva la perseveranza.
— Orbene — riprese don Bosco —, tu che hai praticato tutte queste virtù in vita, dimmi che cosa ti consolò di più in punto di morte?
— Ecco — rispose Savio — ciò che mi consolò di più in punto di morte fu l’assistenza della potente e amabile Madre di Dio. Dillo ai tuoi figli, che non dimentichino di pregarla finché sono in vita. Qui il Savio fece l’atto di allontanarsi. «Allora — racconta don Bosco — con slancio tesi le mani per afferrare quel santo figliuolo, ma le sue mani sembravano aeree e nulla strinsi». Aveva dimenticato che ormai Domenico era un puro spirito
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