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SECONDO DONO
“Da una fede superficiale, della “domenica” perché si deve fare, tu invece ci hai aiutato a fare un salto di qualità! Ora preghiamo insieme, cerchiamo di comprendere “tanti perché” che prima non ci chiedevamo. La nostra fede si rafforza di giorno in giorno; senza di te non ci saremmo mai avvicinati cosi tanto a questa Sorgente di pace, di forza e di consolazione. Grazie Reby perché ora anche noi vogliamo venire incontro al Signore con la lampada della fede accesa e con la riserva d’olio in piccoli vasi così che non abbia a spegnersi lungo il cammino (Cfr. Mt. 25,1-13). Aspettaci e continua ad aiutarci”.
TERZO DONO
“Grazie Reby perché ci hai insegnato a capire i veri valori della vita. Prima credevamo di sapere qualcosa, mentre solo adesso che siamo passati attraverso il crogiuolo della sofferenza, abbiamo aperto gli occhi sulle cose che contano veramente. Quando si hanno gli occhi bagnati di lacrime, solo allora si arriva a comprendere l’essenziale. Adesso capiamo bene perché, quando hai imparato a disegnare, il tuo primo disegno fu un cuore e ne hai fatto uno per mamma e uno per papà. Già allora ci stavi insegnando che nella vita non c’è nulla di più importante che l’amore e il saper amare! Grazie Reby perché senza di te non saremmo arrivati a vivere cosi intensamente!”.
Le parole delle maestre di Rebecca indirizzate ai genitori, sono la chiara conferma di quanto affermato: “Cari Manuela e Luciano, che con grande generosità e forza d’animo avete pensato anche ad altri bambini dandoci un’importante lezione di vita, vogliamo dirvi che abbiamo la certezza che il Signore, attraverso la fede, vi farà trovare la rassegnazione nonostante il vuoto che Rebecca vi lascia. Ora tutti ci stringiamo a voi con un momento di raccoglimento e di preghiera. Un abbraccio”.
REBECCA CONTINUA A CORRERE E A SALTARE
“Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo” (Ct 8,7)
Prima che il “fiammifero si spegnesse” era importante accenderne altri perché la vita proseguisse, e cosi avvenne perché ancora adesso, Rebecca, donando il suo cuore, il fegato e i reni continua a saltare, correre, giocare e gridare di gioia nella persona di altri quattro piccoli da lei aiutati.
Ancora una volta “ Il chicco di grano non è caduto a terra invano, perché accettando di “morire” ha portato abbondante frutto” (Cfr. Gv. 12,24-25).
La storia che ora leggerai, viene dal giornalino dell’AIDO (Associazione Italiana Donatori Organi), e racconta dove è andato a pulsare il cuore di Reby. Il titolo è: “I Due Angeli”
Eravamo una famiglia felice. Avevo finalmente coronato il mio sogno d’amore, non solo col matrimonio, ma con la nascita di nostra figlia, di una bimba bellissima, sorridente, sempre buona: Angela. Quanti racconti avevo udito su notti insonni dei genitori, su giorni e notti scambiati, su pianti infiniti ed inspiegabili. Nulla di tutto ciò. La mia bimba era la più serafica del creato: mangiava e dormiva serena e tranquilla. All’ora della pappa faceva rosei sbadigli e lanciava occhiate all’intorno, in attesa della poppata. Mai pianti. È sempre cresciuta bene fino ad un dato punto, quando incominciò ad essere pallida, svogliata, amorfa, disinteressata a tutto … a tutto tranne che a Palla, il nostro cane che stava crescendo con lei e che da lei accettava tutto: tirate di coda, carezze contro pelo, tirate di baffi, dita negli occhi, nelle orecchie, in bocca. Palla accettava tutto da lei e la annusava contento e felice, facendo andare a vortice quel ricciolo di coda che ha. Ad un certo punto, preoccupata del peso che non aumentava, di un’incipiente apatia, delle labbra che tendevano al violaceo, del suo pallore, la portammo dai medici senza aspettarci la sentenza che invece ci straziò. “Gravi problemi al cuore. Non è curabile. Può solo peggiorare. Può durare un giorno, una settimana, un mese, secondo il decorso. Non c’è niente da fare. Occorrerebbe un trapianto, ma di una creaturina della stessa età”. Come si può sperare in una donazione, come si può pregare perché una mamma soffra quello che sto soffrendo io, noi tutti?
Una bimba cercata, desiderata, amata, nipote unica! In casa nostra il sole sorgeva e tramontava con lei! Ora il sole andava spegnendosi. I lunghi giorni in ospedale accanto al sole che impallidiva. Rare e fugaci, indispensabili corse a casa. Palla mogia che ci seguiva di stanza in stanza senza baldanza. Che occhi tristi quando all’arrivo, scrutandoci, non vedeva con noi Angela! Usciva fuori sul pianerottolo, entrava nell’ascensore, guardava le scale e poi guardava noi con i dolci grandi occhi interrogativi “Perché non c’è? Dov’è?”. Anche la sua vivacità si smorzava e non avevamo voglia di giocare con lei ma: “ Ti saluta. Ti pensa. Ti vuole bene. Ti manda lei questa carezza! Queste tirate di orecchie sono sue!”. Ma Palla se ne andava nella cuccia mogia mogia.
Come si fa a pregare in un caso cosi; però per una figlia si prega comunque! Mia mamma diceva: “Siamo sempre dietro a tirargli u giachén perché ci ascolti”. “Non può ascoltare tutti!”. “Sì che può” pensavo io. Anche un’altra mamma starà pregando per la sua creatura, ed io come posso, come posso … Un pomeriggio, quando ormai il conto era alla rovescia, arrivò la notizia: “Il cuore c’è. Il cuore arriva!”; ero così stordita che non sapevo se piangere o ridere. Come si può ridere sulla morte? Ma sulla morte che è vita, sì! L’operazione, la degenza, le stanze asettiche. Un isolamento che, tornando le forze, diveniva duro da sopportare. Riprendendo la salute Angela non faceva che ridere: “Palla! Dov’è Palla? Voglio Palla” e diveniva sempre più nervosa e inquieta e Palla sempre più tranquilla e amorfa. Alla fine, stanche di quella continua cantilena di Angela: “Palla! Voglio Palla!” il permesso: “Si porti Palla!”. Angela esplose di gioia e Palla indomabile al guinzaglio, nei corridoi ospedalieri, davanti al vetro dietro cui era Angela si immobilizzò. Si alzò sulle zampe e sembrò essere solo occhi anche lei. Si guardavano, si ritrovavano, si immedesimavano. Una gioia troppo grande, pronta ad esplodere in risate e salti. Se credete che un cane non rida, ripensateci! L’ho visto ridere felice come mia figlia. Da quel giorno Angela non fece che migliorare. Palla le diede la spinta a reagire, a farsi forza per ritornare insieme a correre nel prato, a ruzzolare in mezzo ai fiori, a saltare felici come due creature dell’aria.
E tu, Angelo caro, qualunque sia stato il tuo nome, ora sei il cherubino più splendente del cielo e questa mia Angela sarà te, sarà la tua vita, il tuo presente senza tempo, la tua realizzazione più vera, sarà la vita che tu le hai donato.
CIAO A TUTTI!
NON VI SEMBRA CHE LA MIA SIA UNA STORIA MERAVIGLIOSA ?
NON IMPORTA QUANTO HO VISSUTO MA COME HO VISSUTO TRA VOI!
VI VOGLIO BENE!
Reby
La storia di Reby non finisce qui. Abbiamo detto che la piccola continua a correre, a saltare, a inventare tutto ciò che è possibile per rendere felici papà e mamma. E questo è verissimo perché nell’arazzo della vita di Luciano e Manuela, con non poca fatica, e questa volta con doppia trepidazione, eccovi ricamata la sorpresa tra le più inaspettate: l’11 novembre 2015 a casa Colombano torna la famosa cicogna, tenendo nel suo lungo becco il ricco bottino composto da due gemellini, Lorenzo e Tommaso.
Il dolore accolto e trasformato quotidianamente sull’altare, la fede nella presenza di un Padre che non delude i Suoi figli e Reby che, rubando l’espressione della nonna materna, ha continuato a “tirare u giachén” della Mamma Celeste, l’impossibile è diventato possibile. Le grandi acque della prova non sono riuscite a spegnere l’amore e il pungiglione della morte è stato spezzato dal fulgore della vita.
Luciano e Manuela grazie di esistere, vi giunga un forte abbraccio da tutto il nostro gruppo “Maria Porta del Cielo” e Reby con il suo sorriso continui a vegliare su voi e sui suoi meravigliosi fratellini.
Che festa nella nostra Super squadra del Cielo!
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