La sorella Gabriella racconta
Nostro papà era spesso in giro per lavoro e nostra mamma, o lo seguiva o doveva occuparsi di tutto quanto riguardava la grossa cascina di famiglia.
Io avevo bisogno di confidarmi con qualcuno e allora Piergianni mi ha fatto da padre e da madre. Quante volte mi ha parlato e le sue parole sono state per me di guida nelle scelte, anche le più intime e delicate. Però ciò che ha parlato più di tutto è stato il suo esempio.
Anche se oberato dal lavoro, l’appuntamento con Gesù alla domenica era per lui irrinunciabile.
Mi prendeva e mi portava con se. Quando mi vedeva distratta o poco partecipe, chinava il capo vicino al mio orecchio e mi sussurrava: ” Hai sentito che cosa ha detto il sacerdote? Hai capito il significato delle parole? Vedrai come un giorno ti servirà tutto quello che forse ora fai fatica a comprendere!”. E io gli rispondevo tra l’ingenuo e l’incredulo:” A cosa vuoi che mi servano?”.
L’ho capito dopo.
Ricordo di lui questo particolare che ho sempre portato in me come un punto interrogativo.
Vedendomi proiettata verso il matrimonio un giorno in tono serioso mi ha detto:”Tu domani ti sposerai e avrai una famiglia. Io no!”. Intuizione? Premonizione? Solamente quando ci rincontreremo forse avrò una risposta.
Arriva Valter.
E' arrivato come un dono atteso da tanto. Piergianni aveva già 13 anni. Era felicissimo, non vedeva proprio l’ora che arrivasse quest'altro fratello, perché nella famiglia si sentiva il bisogno di una ventata di freschezza, di novità, che interrompesse un po' l’assillo del quotidiano. Quando il 19 Agosto del 1963, alle 07:30 è arrivato Valter, Piergianni non riusciva più a contenere la gioia. Ha ringraziato il Signore e la Madonna per quel dono e, appena poté, abbracciando la mamma le disse con tanto entusiasmo: “ Mamma, vedrai quante cose faremo insieme io e mio fratello!”.
Il fratello Valter racconta
Quella tra me e mio fratello fu un’ avventura breve ma intensa. Avevo 10 anni quando, a causa di un incidente fatale sul lavoro ci siamo salutati perché lui era ormai in viaggio per un'altra meta.
La sua nuova casa era il Cielo, ma io ero troppo piccolo per comprendere.
Talmente è stato forte il dolore di doverlo salutare, che la mia mente di bambino ha cercato di rimuovere l’accaduto. Era un tentativo di difesa affinché la sofferenza non mi schiacciasse. Tuttavia nel profondo di me stesso rimane sempre viva la riconoscenza al Signore per avermi dato un fratello come Piergianni. La sua vita innocente è passata, ma la sua luce è rimasta tutta e continua a splendere.
Anche per me è stato un secondo papà.
Avevo paura del buio, dei tuoni, dei rumori strani. Saltavo sul suo lettone, mi stringevo a lui e lui mi dava sicurezza, era per me rifugio, conforto.
Era sensibilissimo, mi bastava uno suo sguardo, una parola, e già intuiva che cosa c'era nel cuore di chi gli ti stava davanti. Quante risposte profonde ed intelligenti ha saputo dare alle domande che già allora portavo dentro di me, affinché non mi perdessi dietro a false e facili illusioni.
Un altro caro ricordo: sapeva portare pace e concordia ovunque.
Spesso tra giovani non di rado si accendevano vivaci discussioni che qualche volta rischiavano anche di degenerare, e allora si cercava una sua parola, parola giusta che arrivava al momento giusto.
Insomma sapeva toccare le corde del cuore. Grazie al mio fratellone ho imparato a portare profondo rispetto per ogni persona, senza distinzione di ruolo o di ceto sciale. E come non dire ancora grazie per avermi incitato, e poi anche fattivamente aiutato a studiare. Lui non aveva potuto farlo perché inserito molto presto nel mondo del lavoro.
Tuttavia capiva l'importanza che aveva il possedere un titolo di studio e che senza di esso avrei potuto fare ben poco. Perciò mi disse: “ Non ho potuto farlo io? Aiuterò mio fratello affinché lo faccia lui.” E così avvenne. Grazie, grazie ancora Piergianni.
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