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Marina Cardino

<< UNA SOFFERENZA FECONDA >>

 

“Betlemme di Efrata, tu sei una delle più piccole città della regione di Giuda. Ma da te uscirà Colui che deve guidare il popolo d’Israele a nome mio”. (Mi 5,1)  

Mango, in provincia di Cuneo, è un piccolo e laborioso paese di origine e impianto medievale arroccato tra le colline e i vigneti della Valle Belbo. A breve distanza, poche case formano la frazione di San Donato, luogo panoramico con visioni mozzafiato e borgo di cerniera per entrare nel territorio dell’Alta Langa montana. Qui Beppe Fenoglio ambientò il suo romanzo breve “La Malora” e altri racconti sulle vicende della guerra partigiana. Proprio a San Donato, si svolge la vicenda di Marina Cardino che stiamo raccontando. Sediamoci e ascoltiamo questa nuova avvincente storia.

C’era una volta l’ospedale di San Lazzaro nella città di Alba; ora, suddetto ospedale, è stato trasferito nel paese di Verduno. Allora correva l’anno 1978. Nell’annuario troviamo che, giovedì 11 maggio, alle ore 08,45, da papà Angelo e mamma Caterina Mecca, con un parto naturale, nasceva una bimba alla quale è stato messo il nome di Marina. Una neonata tranquilla, serenam, tanto che papà e mamma “non si accorgevano di averla se non quando reclamava il nutrimento quotidiano”.
Riceve il Battesimo nel suo paese natale, nell’omonima chiesa parrocchiale di San Donato, la domenica del 25 giugno 1978, dalle mani dell’allora parroco don Andrea Bernocco. La accompagnano con il compito di padrino Mecca Pasqualino e di madrina Ferrero Cardino Olga, fratello e sorella di mamma e papà. Essendo la sua, una famiglia alquanto semplice, il battesimo e il ricevimento che ne segue, vengono vissuti con famigliare semplicità.

Dopo di ciò trascorre giornate serene nella genuinità di una famiglia dedita al lavoro della terra, perciò a contatto con una natura rigogliosa e molto silenzio. La famiglia Cardino da tanti anni coltiva viti e nocciole. Mentre i suoi genitori lavoravano tra i filari, la piccola Marina, caricata sul motocoltivatore di papà Angelo, dentro un grosso cesto di vimini, nel dialetto piemontese “cavagnin”, che funge da culla, è sempre vicina a loro. Si diletta con i giocattoli portati da casa, anche perché è l’unica bambina nata quell’anno. Appena può, anche se in piccole cose, iniza anch’essa ad aiutare i suoi genitori nel lavoro della vigna.

La casa paterna di Marina è come incastonata in una conchiglia di verde smeraldo; incantevole! La piccola impara ben presto a conoscere il cinguettio degli uccellini, con i suoi occhi color verde azzurro segue curiosa il rincorrersi gioioso delle farfalle, quando cala la sera rimane incantata nell’ascoltare il frinire dei grilli, mentre divertita, soprattutto nelle serate più calde d’estate, rincorre le lucciole che sfrecciano nel suo cortile.

Diventerà ben presto un’amante della natura e delle sue molteplici bellezze: il profumo dei fiori accarezzati dal sole, i prati rivestiti di verde, la luna e le stelle che rendono meno buie le notti. Ascolta volentieri il frusciare delle foglie quando il vento soffia sulle sue amate colline. Amante degli animali, passione che la accompagnerà fino alla fine. Rimane memorabile il seguente aneddoto. Durante una sua trasferta all’ospedale di Alba per una visita di controllo vede per strada, abbandonati a loro stessi, impauriti e affamati, due cuccioli di cane. Ne ha subito compassione. Fa fermare la macchina li carica e se li porta a casa. Vengono “battezzati” con il nome di Stellina e Titina. Ancora oggi queste cagnoline, ormai cresciute, corrono spensierate per il cortile in ricordo di Marina. Ecco, è questo contesto rurale a formare e plasmare la sensibilità di Marina per tutto ciò che sarà bellezza, originalità, grandezza del creato.

Una “scuola” meravigliosa da dove inizierà a conoscere poi il Creatore di tante meraviglie. Insieme a tutto questo, papà e mamma la svezzano anche alla vita di fede insegnandole i primi rudimenti della dottrina cristiana.

Le prime nubi

“Ho sperato, ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido”. (Sal 39,2)

Le prime nubi arrivano nella sua vita tra i sette e gli otto anni. Ripetuti disturbi costringono i genitori a portarla dal medico che, a sua volta, chiede il ricovero all’ospedale di Alba per sottoporre la bambina a più accurati esami. Vi rimane per un mese. All’uscita da esso trascorre tre giorni all’ospedale Regina Margherita a Torino. Il responso è unanime: la bimba soffre di una forma di diabete mellito cronico, che è la causa di tutti i suoi disturbi.

Una volta tornata a casa si attiene scrupolosamente alle indicazioni dei medici seguendone le cure e sottoponendosi a controlli periodici. Nonostante le ripetute crisi, lei sorride sempre irradiando buon umore intorno a sé.

Questo, però, non basta a frenare il diabete che, purtroppo, avanza inesorabilmente. Marina desidera studiare, tuttavia a causa delle frequenti indisposizioni e necessitando di continui controlli e ricoveri ospedalieri, deve rinunciare a questo suo sogno. Nonostante ciò legge molto  formandosi una sua cultura personale che la porterà a diventare sempre più profonda nei ragionamenti e saggia nelle risposte. Così tanta sofferenza non solo non l’abbatte; se prima la sua fede era più tradizionale, rituale, ora invece anch’essa si va rafforzando di giorno in giorno. 

Un raggio di sole nel suo cammino

“Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio, quali disegni in nostro favore: nessuno a te si può paragonare”. (Sal 39,6)

Intanto i giorni scorrono e un “raggio di sole” squarcia le nubi. Questo raggio  è l’incontro con Angelo Manera che diventerà poi suo marito. Lei, allora, era giovanissima: 15 anni appena. Si sono conosciuti al circolo ACLI di San Donato e, da un incontro all’altro, tra una battuta e l’altra, un sorriso e uno scherzo, scatta il famoso “colpo di fulmine”.

Angelo ricorda nitidamente il giorno: “Era mercoledì 15 maggio 1993! Ci siamo messi insieme ufficialmente, e da allora siamo rimasti insieme fino alla fine”. Un rapporto, il loro, semplice e genuino. Le giornate trascorrono tranquille suddivise tra lavoro, serate con gli amici, incontri frequenti, in quanto i paesi dove abitano sono confinanti. Nulla di straordinario, tolta la sua salute un po’ precaria.

Tuttavia, Marina tiene sempre sotto controllo la malattia, affidandosi alle indicazioni dei medici. Intanto arriva il giorno tanto atteso, il giorno delle nozze che vengono celebrate sabato 3 agosto 2002, nella chiesa parrocchiale di S. Donato. Sono benedette dal suo parroco don Luciano Tarditi e concelebrate da don  Eugenio Viberti, parroco di Cossano Belbo, paese di Angelo. Quello è un bel giorno che Angelo, a distanza di qualche anno, ricorda così:

“Quante cose belle, quel giorno! Se volessi elencarle, una vita non basterebbe…! Ricordo bene come fosse oggi, il momento in cui Marina arrivò davanti la chiesa; era bellissima nella sua semplicità. Anche tutto quello che girava intorno a noi era fantastico! Sì, qualche dubbio ci poteva anche stare, forse anche le classiche paure ma, la certezza di condividere quel tempo che il buon Dio ci avrebbe donato, mi riempiva il cuore di gioia e di tanta sicurezza.

Da quale momento, tutto il resto, non contava, c’eravamo solamente io e lei e, a me, quello bastava! La vita ci avrebbe poi messo davanti tanti ostacoli ma, con Marina mi sentivo forte, cosa che tuttora  sento, nonostante Marina non sia più qui fisicamente. Ma lei c’è, è qui al mio fianco sempre, in ogni momento della mie giornate. L’espressione di quella mattina: Ce l’ho fatta, è la miglior sintesi di quella Buona Battaglia che, fin da allora, sono stato chiamato a combattere.”.

Gesù bussa alla sua porta

“Sul rotolo del Libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore”. (Sal 39,8-9)

In quel tempo, la vita di fede di Marina, è come quella di tanti cristiani, frequenta la S. Messa la domenica, e così è anche per suo marito Angelo. A loro detta: “Cristiani fisicamente non assenti, ma certamente non ferventi”. Pratica religiosa “à la page”, come si suol dire. Ma nel 2007 avviene quel “Qualcosa” che darà una svolta al modo di essere di Marina. Anche se strettamente sotto controllo, il diabete mina il suo organismo intaccandone parti vitali.

La situazione precipita tanto da rendere urgente un ricovero alla famosa clinica “S. Raffaele” a Milano e una volta là ricoverata, domenica 5 agosto 2007, subisce il trapianto del rene e del pancreas, ormai fortemente lesionati. Un donatore smetteva di “combattere” e una “lottatrice”, con gli organi donati, affrontava la sua nuova battaglia che segnerà tutto il resto della sua esistenza. Da quel momento in poi, la sua fede diventa sempre più convinta e profonda. Nelle lunghe giornate che prepararono l’intervento e, in quelle che lo seguirono, Marina intraprende tra lei e il suo Signore, un dialogo totalmente nuovo. Se al resto del mondo, questo potrà suonare come un linguaggio inusuale, addirittura in tanti tratti quasi incomprensibile, per lei, invece, diventa, di giorno in giorno, sempre più una Nuova Scuola di Vita.

Marina comprende che la sofferenza non l’ha creata Dio. La sua fecondità sarà segno che è stata redenta da Gesù. Marina conoscendo Gesù sempre più da vicino, sta imparando a soffrire con fede e amore e gioisce alle sorprese della fecondità della sofferenza da Lui redenta. Ormai è entrata nel fascino doloroso e glorioso insegnato da Gesù: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di frumento non cade per terra e non muore, resta solo; se invece muore, porta molto frutto” (Gv 12,24). Il mistero della sofferenza è più grande del mistero della gioia, perché questa ha già con sé il bene che gusta, mentre il bene che viene dalla sofferenza è un gusto ancora da provare, per conoscere con sorpresa quanto è meravigliosa la gioia che viene dalla sofferenza. Non si porrà più tante domande perché ormai aveva compreso che, Gesù, non è venuto nel mondo per togliere da esso il male della sofferenza, ma liberare il mondo dal male dell’inutile sofferenza.

Linguaggio questo, che si apprende solamente sul campo di battaglia. Prova di tutto questo è quanto accadde durante un normale controllo. Correva il mese di marzo 2008. Marina stesa sul suo letto sentendosi venire meno, chiama i soccorsi. Arrivano subito i medici e constatano un’emorragia in corso. Si prevede il peggio. Invece, si riesce a tamponare l’emorragia e anche da quest’incidente di percorso, lei ne esce vittoriosa. Da quel momento le saranno donati altri nove anni di vita, che lei saprà vivere in pienezza di fede e maturità cristiana. Ormai per Marina questa Battaglia continua alla Grande!

Sui passi dei testimoni

“Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano, dicano sempre: Il Signore è grande, quelli che bramano la tua salvezza”. ( Sal 39,17)

Il marito Angelo non seguirà lo stesso percorso. Molto impegnato nel lavoro di contadino, per lui i tempi saranno diversi ma, soprattutto dopo la partenza di Marina per il Paradiso, anche lui, gradualmente, si avvicinerà a questa nuova strada indicata dalla moglie. Tuttavia lei non gli impone mai nulla tanto che,  qualche sera pregano addirittura insieme con il Rosario. Marina ora desidera andare ad attingere “quell’acqua viva” che la disseta nel profondo e, Angelo dove potrà l’accompagnerà. Visiterà per primo il Santuario di Medjugorje e là intensificherà il suo già ricco dialogo con la Mamma Celeste. Si dimostra instancabile nell’aderire a tutte le proposte fatte; è talmente entusiasta e così abbandonata nelle mani della Mamma Celeste che, per tutti i giorni del pellegrinaggio, sospende addirittura l’assunzione dei farmaci.

Da Lei viene così fortificata sempre più nel suo essere Donna e a Medjugorje chiede anche il dono di poter diventare madre. Visita anche Lourdes e, da quella “grande scuola” del dolore redento, torna a casa con una ancor maggior forza e determinazione a sostenere la sua continua Battaglia. L’immersione nelle piscine, da lei fortemente voluta, corona questa nuova tappa del suo pellegrinaggio di fede. Forte fu anche il richiamo a recarsi da  San Padre Pio, a San Giovanni Rotondo, un Maestro della sofferenza accolta redenta.

Ormai il soffrire non la spaventa più. Si recherà anche a Roma sulla tomba degli Apostoli e una volta là giunta, con profonda convinzione riconfermerà la sua fede: “Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la Vita eterna. Amen”. Dopo la visita - pellegrinaggio a tutti questi “colossi della fede”, visita anche i santuari più vicini: Maria Ausiliatrice a Torino, partecipando il 24 maggio alla fiaccolata intorno a Valdocco, e a Colle don Bosco a Castelnuovo d’Asti.

Avrebbe desiderato ardentemente percorrere anche il Cammino di Santiago de Compostela ma, questo desiderio, lo porterà con sé in Paradiso. Marina fa questo percorso di fede sui passi dei Testimoni perché, avendo bisogno di risposte forti alle sue domande, per ottenerle va direttamente alla fonte. Nonostante il suo forte cammino di fede e nonostante fosse stata più volte fosse stata rassicurata, porterò in sé quasi un senso di colpa per la morte dei suoi donatori: “Perché io sopravvivessi, hanno dovuto sacrificare la vita loro”.

Un’altra realtà questa, che per chi non è stato coinvolto direttamente nell’esperienza, rimane un argomento non facile da comprendere. Parlandone invece con chi ha percorso questa strada, questo sentimento doloroso purtroppo li accomuna. In questo torna la sopra citata legge del chicco di grano. Come per un fiammifero che sta per spegnersi, accostandolo a un altro questo si accende, continuando a donare luce, calore e nuova vita.

Una vita spesa per gli altri

“Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai!”. (Sal 39,10)

Oltre ad avere rinunciato a studiare per i sopra descritti motivi di salute, Marina avrebbe anche tanto desiderato diventare mamma, speranza mai spenta dentro di lei. Pur in mezzo a tante difficoltà, i medici non hanno mai escluso questa possibilità. Però sulla terra non poté mai avere questa gioia. Allora che cosa fece Marina? Si ripiegò su se stessa? Si ribellò chiudendosi a riccio nel suo dolore? Tutt’altro! In parrocchia c’era bisogno di qualcuno che si offrisse per fare catechismo. Marina da subito la sua disponibilità e lo fa con talmente tanto Amore che, i piccoli a lei affidati la rispettano e amano come si farebbe con una mamma. La gioia di Marina traspare dal suo sguardo luminoso. Da San Donato lei guida il cuore di questi piccoli addirittura fino alla lontana India, facendo la raccolta dei tappi di plastica e indicando altre iniziative di carità. C’è bisogno di prestare la sua voce nella cantoria parrocchiale.

Eccola pronta a dare la sua risposta: ci sono! E non mancherà mai a quest’appuntamento settimanale. La comunità di S. Donato è molto piccola ma, soprattutto la domenica, giorno del Signore, e nelle altre feste liturgiche, la cantoria è sempre presente a rendere solenni le celebrazioni. È felice di cantare per il Signore. La Pro Loco ha bisogno di qualcuno che assicuri presenza e impegno? Anche qui Marina non si tira indietro. È bello mettersi a servizio della propria comunità perché il poco di molti, rende possibile il bene di tutti. Ma non le basta ancora. Anche alla Protezione Civile di Cossano Belbo non può far mancare il suo piccolo contributo perché, soprattutto nel momento del bisogno, nessuno deve sentirsi solo.

Ma eccola impegnata anche fuori comunità. Nella Valle Belbo opera l’AVAV, assistenza ambulanza. Anche qui Marina offre la sua collaborazione. Insomma tutti potevano contare su di lei. Il giorno dell’inaugurazione della pista dell’elisoccorso è presente anche la signorina Maria Teresa Grasso. Ora, entrambe in Cielo, raccolgono il frutto del loro servizio. Il buon profumo del Crisma, ricevuto  nel Battesimo e nella Cresima, Marina ha saputo effonderlo ovunque è passata, come una costante benedizione divina. Questo lo può testimoniare anche la Comunità Cenacolo di S. Stefano Belbo, alla quale Marina ha sempre riservato uno sguardo di speciale attenzione. Insomma, fu una lampada accesa per tutti. Chiunque avesse bisogno di lei, lei c’era come un jolly che ovunque messo faceva vincere la partita.

 

AVANTI

 

 

 


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