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Diario di famiglia. Laura e Sergio si raccontano ai figli.

LAURA CAROSSO

 

 

 

 

 

 

 

Laura: Non ho potuto trascorrere molto tempo con i nostri figli, i nostri tesori. Quando sono partita per tornare nella Casa del Padre, Marco, il più piccolo, aveva appena tre anni e qualche mese; Luca, il secondo, sei anni; Katia ne aveva otto. Non hanno perciò potuto conoscermi più di tanto. Che ne diresti se raccontassimo loro un po’ della nostra avventura? Chiamali e invitali a sedersi un po’ qui con noi…

Ciao tesori, sono veramente felice di aprire con voi il nostro “album dei ricordi”. Anche se l’epilogo della mia breve avventura potrebbe indurvi a pensare ad altro, in realtà la mia vita è stata tutta un dono!

Ascoltatemi attentamente, e ascoltate anche papà. Sono nata a Mango (CN) il 25 febbraio 1959 in una famiglia numerosa, formata da tre fratelli e da tre sorelle. Io ero la quarta. La parte forte ed importante dell’educazione ricevuta, me l’ha trasmessa soprattutto mia mamma con il suo grande esempio.

Mia mamma era tutto il giorno nella vigna e non aveva certo il tempo per dialogare con noi, suoi figli, così siamo cresciuti da soli, i più grandi hanno aiutato i più piccoli. Le sole “uscite” concesse erano: la S. Messa festiva e, al pomeriggio il vespro con un po’ di oratorio animato dalle suore che ci hanno insegnato l’arte del cucito e del ricamo. Dopo questo si ritornava a casa dove ci attendevano i nostri doveri. Mi piaceva studiare e obbedivo volentieri ai miei genitori ed ero contenta quando anch’io riuscivo a dare una mano in famiglia.

Non ho avuto tempo per conoscere la vanità perché i vestiti che indossavo erano stati usati prima dalle altre mie sorelle. Mio compito era invece quello di crescere in fretta per poter aiutare sempre di più la mia famiglia. Mi piace ricordare un simpatico aneddoto. Non ricordo esattamente se avessi sette o otto anni. So solamente che mi trovavo nei filari della vigna e a quella età non potevo certo fare molto, così ogni tanto mi sedevo un po’ all’ombra, riposandomi. Mio papà aveva l’abitudine di portare con sé del vino che teneva al riparo dal caldo nascondendolo sotto qualche panno. Giocando lo scoprii e, avendo sete, ne bevvi un po’. Mi piacque il gusto; l’occasione era ideale, tanto che ne approfittai al punto di ubriacarmi. Per fare ciò non ci volle molto. La mia “giornata lavorativa” finì lì perché, dopo una solenne sgridata, mi portarono subito a casa e là rimasi finché mi passò quell’ingenua sbronza. Al pensiero di quell’episodio, ancora adesso mi scappa da ridere. Bene, ora continua il racconto Sergio, colui, che da lì a qualche anno sarebbe diventato vostro papà.

 

Sergio: Quando conobbi la mamma, avevo 24 anni, e mi trovavo in un momento non facile della mia vita. Tornato dal militare, a 22 anni persi mio papà che ne aveva 51. Anche lui, a causa di un male incurabile, come sarà per la mamma di Laura. Condivisero la sofferenza i miei due fratellini più piccoli, entrambi al di sotto dei dieci anni, e una sorella di diciotto. Essendo il maggiore, mi ritrovai ben presto a dover gestire l’azienda di famiglia. C’erano debiti e mutui da pagare, perciò non potevamo permetterci perdite di tempo o svaghi. Tuttavia coltivavo in me anche altri sogni che intendevo, con il tempo, realizzare. Ma in quel momento la famiglia aveva bisogno di me, ed io rimasi al mio posto. Come conciliare, però, i miei sogni con la realtà? Lascio continuare il racconto a Laura.

 

 

 

 

 

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