|
Che cos’è una mamma
Una mamma è come un albero grande che tutti i suoi frutti ti dà: per quanti gliene domandi sempre uno te ne troverà. Ti dà il frutto, il fiore, la foglia, per te di tutto si spoglia, anche i rami si taglierà. Una mamma è come un albero grande.
Una mamma è come una sorgente. Più ne toglie acqua e più ne getta. Nel suo fondo non vedi belletta: sempre fresca, sempre lucente, nell’ombra e nel sol è corrente. Non sgorga che per dissetarti, se arrivi ride, piange se parti. Una mamma è come una sorgente.
Una mamma è come il mare. Non c’è tesori che non nasconda, continuamente con l’onda ti culla e ti viene a baciare. Con la ferita più profonda non potrai farlo sanguinare, subito ritorna ad azzurreggiare.
Una mamma è come il mare.
Una mamma è questo mistero: tutto comprende tutto perdona, tutto soffre, tutto dona, non coglie fiore per la sua corona. Puoi passare da lei come uno straniero, puoi farle male in tutta la persona. Ti dirà: “Buon cammin, bel cavaliero!”. Una mamma è questo mistero.
Francesco Pastonchi
Questo breve ma intenso capitoletto ci offre qualche scintilla di luce sul rapporto privilegiato tra Mino e i suoi genitori. Leggiamo questi pensieri in punta di piedi …
“Cara mamma, ti esprimo i miei più sinceri auguri per la tua festa. Ho preparato per te questo dono in segno del mio affetto, frutto del mio risparmio. Ti prometto di essere sempre buono e cercherò di prendere i voti più belli, specialmente di condotta. Le vetrine sono piene di doni per la festa della mamma. Spero che il mio regalo ti piaccia, ma che ti piacciano le mie promesse. Prego la Mamma Celeste che ti protegga. Ti abbraccio e ti bacio. Tanti auguri! Tuo figlio Giacomino.”
(Segue il disegno di tre cuoricini con uno sfondo azzurro.)
Canale 11 maggio 1969
Mamma Laura ricorda che Mino le aveva regalato una bambola con questa motivazione: tieni questo regalo; da giovane non hai mai potuto averne una.
***********************************
“Cari genitori, sono contento di trovarmi insieme a tutta la famiglia. Vi chiedo perdono se in questo anno vi ho fatto qualche dispiacere. Pregherò Gesù bambino perché vi dia salute e conforto, prosperità e tanti anni di vita accanto a noi. Auguri di buon Natale. Il vostro Giacomino.”
Natale 1969
*************************************
Mamma buona, caro papà, di cuore vi auguro buon Natale, buon fine, buon capodanno. Vi prometto di essere sempre buono e vi offro un tenero bacio.
Il vostro Giacomino
*************************************
In una busta artigianale fatta da lui, indirizzata alla “mia cara Mamma”.
Tanti auguri! Cara Mamma.
Tuo Giacomino
***************************************
“Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui”. ( Lc 2,40 )
GIORGIO GIACONE L’AMICO DEL CUORE CONDIVIDE …
“Una bocca amabile moltiplica gli amici, un linguaggio gentile attira i saluti. Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro”. (Cfr. Sir 6,5.14)
In queste righe si dà spazio ad un caro amico di Mino, Giorgio Giacone, amico con la A maiuscola fin dall’infanzia. I suoi racconti, attraverso degli aneddoti personali, se da una parte strapperanno un sorriso, dall’altra aiuteranno a cogliere la bellezza di un rapporto che, oltre ad essere stato vissuto nella semplicità, ha anche camminato insieme alla fede. Nulla di eclatante s’intende, ma certamente un percorso che ha segnato uno stile di comportamento. Insieme si divertivano, nello stesso modo partecipavano alle attività proposte dalla parrocchia e alla Santa Messa domenicale.
Giorgio introduce così il suo racconto: “ Con Giacomino siamo sempre stati amici, anche se tra i 16 – 18 anni a motivo del lavoro, della fidanzata e di altre amicizie incontrate sul cammino, ci siamo un po’ persi di vista. Nasceva intanto un’amicizia più matura. Prima invece le ore trascorse insieme a giocare, a progettare, a sognare… spesso a casa di uno o dell’altro, non si riuscirebbe a contarle. Comunque in quelle ore nacquero pure delle marachelle.
Una cosa che ricordo molto volentieri sono i viaggi che ho fatto con lui e con suo papà Felice, quando si andava a consegnare il vino a casa dei clienti. Per me era una grande festa perché, visto che praticamente non mi muovevo mai di casa, partire con il mio amico per girare parecchie città del Nord era veramente una grande festa.
E pensare che la sveglia era normalmente verso le 04,30. Come salivamo sul furgoncino, Giacomino spesso si addormentava, mentre io tenevo gli occhi ben aperti e osservavo attentamente tutto ciò che mi passava davanti; era tutto una novità. Non vi dico poi quelle volte che ci si fermava a pranzare in qualche osteria … un lusso fuori del comune. Prima e dopo ogni viaggio, mi sentivo troppo contento di quelle trasferte tanto attese.
(Intanto i ricordi si fanno sempre più nitidi ndr)
Correva l’anno 1974. Mino appassionato com’era di moto, aveva recuperato un vecchio Cimatti sul quale si viaggiava in due, lui davanti alla guida e io seduto dietro. Viaggiavamo tanto spesso in quel modo che il simpatico padre Federico, del convento di S. Croce, ci battezzò: Giacomino, Agostini, dal campione mondiale di moto Giacomo Agostini; io Ceccotto, dall’altro campione Johnny Ceccotto … perché eterno secondo a Agostini. Durante la festa paesana di Canale, era stato organizzato un mega concerto che avrebbe tenuto un noto complesso nazionale.
L’allora costo di entrata era di duemila lire. Con grande meticolosità mi ero messo da parte quella somma che, per le mie finanze, era realmente un tesoro. Finalmente arrivò il giorno tanto atteso ed eravamo in fibrillazione; finalmente avremmo potuto partecipare al suddetto concerto. Se non che, che cosa capitò? Il pomeriggio, ricchi di entusiasmo, passammo in moto davanti all’abitazione dell’allora guardia municipale A. Barbero che, fatalità volle, ci beccò entrambi sul vecchio Cimatti. Paletta alzata. Stop! Multa sull’istante di 2000 lire a testa. Che fare?
Non c’era scampo, la multa bisognava pagarla e io avevo solo quei soldi a disposizione. Dalla mia famiglia non potevo aspettarmi qualcosa di più. Addio concerto, ho pensato! Il tempo di andare fino a casa, prendere i soldi e portarli alla guardia. E così fece anche Mino, tanto che la guardia si meravigliò non poco per la celerità del pagamento: “Ma non era necessaria tutta questa urgenza” disse; ma noi eravamo stati educati in quel modo. Chi sbagliava doveva pagare, e così abbiamo fatto.
L’entusiasmo di poco prima, a causa di quella bravata, si era tramutato in tristezza. Io al concerto non avrei più potuto partecipare; Giacomino, invece, patteggiando con i suoi, era invece riuscito a farsi anticipare nuovamente la cifra. Se non che la buona sorte sorrise pure a me perché, visto che io suonavo nella banda municipale, mi fecero passare gratuitamente e la tristezza di poco prima, si trasformò nella gioia di poter essere vicino al mio caro amico ad ascoltare il tanto atteso concerto.
Ma quella lezione non ci bastò perché nell’anno 1977 combinammo un’altra grossa marachella. A ripensarci adesso non posso che sorridere.
Allora non fu proprio così. Che successe? Tutte le sere estive si usciva in compagnia e ci si dava appuntamento dal Bar di Mariuccia; eravamo una compagnia di sette, otto ragazzi. Una sera, visto che dovevamo far qualcosa per non annoiarci, senza alcun permesso, abbiamo pensato di prendere a prestito un vecchio motocarro del comune parcheggiato vicino all’oratorio. Uno era alla guida e gli altri tutti insieme lo spingevano perché non voleva mettersi in moto.
Tra gli schiamazzi divertiti, tra uno spingi di qua e uno spingi di là, siamo riusciti a smuoverlo per qualche via di Canale. Se non che, qualche concittadino canalese, infastidito da tutto quel vociare a tarda sera, individuò qualcuno di noi e ci denunciò ai carabinieri. Nel frattempo noi ci eravamo stancati di quel “gioco” e abbandonammo il vecchio motocarro in una via e tornammo al Bar di Mariuccia. Dopo un quarto d’ora arrivarono i carabinieri e ci chiesero i dati personali, tutto sembrò finire lì. Noi però capimmo che le cose non si stavano mettendo bene e ingenuamente ci rifugiammo nel cinema parrocchiale, credendo di aver così un valido alibi: ma noi eravamo al cinema!
Se non che mezz’ora dopo tornarono i carabinieri e, informati da qualcuno che ci aveva riconosciuti bene mentre eravamo per via con il motocarro, riconosciuta la nostra identità, questa volta ci portarono in caserma dove ci interrogarono uno ad uno; si fecero così le due dopo mezzanotte. Vi lascio immaginare la preoccupazione e la conseguente reazione dei nostri genitori una volta ritornati a casa. L’allora sindaco P. Bracco, informato dell’accaduto, di comune accordo con le nostre famiglie, attente alla nostra crescita non solo fisica, ci inflisse una punizione esemplare che potesse aiutarci, da una parte a pagare la nostra bravata goliardica e dall’altra educarci a usare la nostra intelligenza e le nostre risorse, in qualcosa che fosse utile al bene della collettività.
Pertanto, ogni domenica per un intero mese, dovemmo tenere pulite tutte le aiuole di via Torino e, ironia della sorte, utilizzando il vecchio motocarro, per trasportare le erbacce che raccoglievamo. Certamente quella lezione servì a tutti, se a distanza di così tanti anni me la ricordo come fosse successa ieri.
Un altro aneddoto mi riporta al 17 aprile 1977 quando, nello stesso giorno, in due posti diversi capitarono due incidenti stradali. Uno a mio fratello Giuseppe, pi ù grande di me di cinque anni. In suddetto incidente, avvenuto ad un bivio ad Agliano Terme (AT), rimasero coinvolti lui con la sua fidanzata: macchina distrutta e lei leggermente ferita. L’altro incidente ha visto invece coinvolti noi nella frazione di Tre Rivi nel comune di Monteu Roero (CN). Da quell’incidente ne uscimmo un po’ acciaccati ma, dopo una visita al Pronto Soccorso, tornammo tutti a casa. Mentre mio fratello, per un po’ di tempo dovette rimanere praticamente a piedi. Che fare visto che la sua fidanzata Marina, che ora è sua moglie, abitava a Moasca (AT)? Rinunciare a vedersi per un tempo indefinito? E qui emerse ancora una volta il buon cuore di Giacomino.
Egli, avendo una vespa munita di targa e pertanto potendo trasportare su di essa un’altra persona, non esitò ad offrirsi e portò più volte mio fratello fino a Moasca a trovare la sua fidanzata. Un Amico è felice quando può rendere felice un altro Amico.
Un altro nitido ricordo è legato al ritrovamento di un portafoglio sotto i portici del paese; allora facevamo le scuole medie. Durante una delle nostre famose “due righe sotto i portici” nella via centrale di Canale (che nel gergo locale significa andare a passeggio), abbiamo trovato un portafoglio con dentro una grossa somma di denaro. Dentro non c’era alcun documento per individuare chi lo aveva smarrito. Forse un operaio che aveva ricevuto da poco lo stipendio? O un anziano che aveva ritirato la pensione? Fatto sta che con Mino ci siamo guardati subito negli occhi; certo che un colpo di fortuna così non era cosa di tutti i giorni e avrebbe fatto gola a chiunque.
Ma anche qui Giacomino si qualificò subito per ciò che era e disse: “Portiamolo subito in parrocchia, sicuramente chi lo ha smarrito andrà là a cercarlo!”. E così abbiamo fatto senza il minimo tentennamento. Ricordo che fummo veramente fieri di noi e contenti dentro di avere compiuto quel bel gesto.
E quante altre cose significative avrei da ancora da condividere su questo mio caro Amico. Tuttavia queste sono quelle che mi sono rimaste maggiormente impresse. Una cosa è certa: il suo ricordo in me è sempre vivo. Mi aiuta in questo la frequentazione quotidiana di suo cugino Gianni, dai tratti caratteriali molto simili a quelli di Giacomino. Non c’è volta che mi rechi al cimitero e che non passi anche da lui per una visita e una preghiera. Quando rivedo il suo sorriso stampato sul volto, non posso non riassaporare e apprezzare il suo buon cuore e la sua disponibilità verso gli altri.
Per me Giacomino è stato e continuerà ad essere un DONO!
“Guidami, Luce gentile: tra le tenebre, guidami Tu. Nera è la notte, lontana la casa: guidami Tu. Amavo scegliere la mia strada, ma ora guidami Tu. Sempre mi benedisse la Tua potenza: ancora oggi mi guiderà per paludi e brughiere, finché svanisca la notte e l’alba sorrida sul mio cammino”.
S. John Henry Newman
Leggi i pensieri scritti Giacomino - Vuoi scrivere un pensiero per Giacomino? |