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TESTIMONIANZA

“Quando andavo a trovarla insieme a suo papà all’ospedale, lei ci accoglieva sempre con un grande sorriso e mi stringeva il cuore al pensiero di quanta forza avesse! Non l’ho mai dimenticata e mi aiuta molto nei momenti di difficoltà a rimboccarmi le maniche ed andare avanti senza lamentarmi… perché so di essere fortunata. Questo è ciò che ho nel cuore quando penso a Daniela”.

Monica Novo

E GIUNSE L’ORA DI PASSARE DA QUESTO MONDO AL PADRE
“Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino all’estremo”.  (Gv 13,1)

I suoi giorni terreni arrivarono presto alla conclusione, perché Daniela passò da questo mondo al Padre. Intorno al suo letto c’erano papà Guido, mamma Pasqualina, sua sorella Brunella , Monica e Patrizia, cugine e infermiere, anch’esse sempre molto vicine. Coronò il  passaggio all’eternità con un suo ultimo squisito gesto d’Amore: prese la mano dei  presenti e quello fu il suo: ARRIVEDERCI IN PARADISO! Erano le 02,30 di venerdì 15 febbraio 1991.

Prima della sua partenza per il Cielo, ricevette il Sacramento dell’Unzione dei malati per mano dell’allora Vescovo di Alba Mons. Giulio Nicolini e, con quello e con il viatico, Daniela poté entrare in Paradiso tra i cori festosi degli angeli e ad attenderla ed accompagnarla c’era la Mamma Celeste. Volete che, come farebbe ogni mamma di questa terra, non sia venuta Lei personalmente ad accogliere questa Sua figlia, che tante volte aveva ripetuto la supplica “Prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”?

E dal Cielo continua ad assistere, a lavorare e a intercedere per il bene della sua famiglia, dei suoi Amici e di tutti coloro che, conoscendola, ne riceveranno del beneficio. Una volta fu chiesto al Servo di Dio don Carlo De Ambrogio, fine teologo e mistico, se una volta arrivati in Cielo i nostri cari defunti ci vedono, ci conoscono ancora, ci vogliono ancora bene. Lui rispose così: “Le anime dei beati portano nel Cielo con sé il ricordo di tutti i loro amici, di tutte le persone che hanno loro voluto bene; continuano ad amarli come li amavano quaggiù sulla terra; cioè non li amano solo di un amore soprannaturale, ma anche di un amore umanissimo. Continuano nelle gioie del Cielo ad interessarsi di tutti quelli che sono sulla terra e continuano a pregare per noi. E noi a nostra volta preghiamo per le anime del Purgatorio.

È uno scambio bellissimo!”. Ma per chi è ancora rimasto a proseguire il cammino in questa “valle di lacrime”, la conquista di una visione del Cielo e i suoi abitanti tanto limpida non è sempre cosa così immediata. Oltre ad essere un dono che viene dall’Alto, è anche frutto di un cammino personale che non è uguale per tutti. I giorni “dopo” che passano inesorabilmente, diventano un susseguirsi di emozioni, di speranze, di delusioni, di slanci d’amore, di domande e anche di rimorsi, di se e di ma; insieme anche a giorni dove il cuore canta la certezza della fede. Si arriva alla sera con questo pensiero nel cuore e ci si alza il mattino dopo, a volte dopo una notte travagliata, con lo stesso pensiero, e questo riaccompagna tutto il nuovo giorno.

Ed è sbagliatissimo dire: “Il tempo aiuterà a dimenticare”. Una persona saggia e intelligente, non dovrà mai né pensare e tantomeno dire un’espressione simile a chi soffre a causa di un lutto in famiglia, specie se questo è un figlio. Queste parole suonano come uno schiaffo morale grande e fanno nuovamente sanguinare il cuore. Pertanto è più che comprensibile che sua sorella Daniela, dopo aver condiviso tanta sofferenza, con sincerità, dica: “So che per lei è scritto un altro programma, ma ancora adesso faccio tanta fatica ad accettarlo; soprattutto ora, dopo essere diventata mamma, ho compreso che cosa i miei genitori, in particolare mia mamma, possa aver vissuto e quanto possa avere sofferto!”. 


Umanamente parlando,  la morte di una persona cara rimane comunque sempre un’esperienza spesso devastante e praticamente innominabile; specialmente in questa società volta unicamente all’esasperato culto della vita qui e ora, la mente ne rifiuta la visione perché intesa come annientamento, sparizione definitiva del nostro essere, rinuncia alla speranza di vita. Ma come mai i bambini nascono senza avere in loro la funzione del distacco dalla morte? Forse sarà anche per questo che Gesù dice: “In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso?” (Mc 10,15). Nei popoli antichissimi la morte era vissuta come una festa, la celebrazione di un passaggio, di un’entrata verso una soglia di rinascita, verso un universo che si poteva dispiegare solo quando questo corpo, come fosse una crisalide, poteva lasciare andare la sua essenza. E questo profondo e sacrosanto desiderio umano trova pienezza di risposta SOLO in Gesù morto e risorto Lui per primo. Di ciò ne è conferma la Sua Parola: “Io sono la Risurrezione e la Vita; chi crede in me, anche se fosse morto, vivrà, e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. Credi tu questo?” (Gv 11,25-26). 

CON LA MORTE LA VITA NON È TOLTA MA TRASFORMATA
“Avrei ancora molte cose da dirvi, ma per ora non potete comprenderle. Quando verrà lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà verso la Verità tutta intera; perché non parlerà da se stesso, ma tutto ciò che udrà, egli lo dirà e vi annuncerà le cose future” (Gv 16,12-13).

Questa importantissima affermazione si trova nella parte che il Messale Romano riserva alle Sante Messe per i fedeli defunti. È il primo: una meravigliosa sintesi della nostra fede.
“In Cristo tuo Figlio, nostro salvatore, rifulge a noi la speranza della beata risurrezione e, se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura. Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”.

La nostra fede, che insieme diventa anche la nostra sfida, è proprio quella ricordata sopra da Brunella, la sorella di Daniela. “So che per lei è scritto un altro programma”. È proprio in questo PROGRAMMA, in questo Disegno che noi dobbiamo avere il coraggio di entrare, proprio come fecero gli Apostoli Pietro e Giovanni quando entrarono nel sepolcro e videro i lini afflosciati e il sudario che era stato sul capo di Gesù non afflosciato con i lini, ma arrotolato distintamente esattamente al suo posto. Videro e credettero. Non avevano ancora capito, infatti,  la Scrittura in base alla quale Gesù doveva risuscitare dai morti (Cfr. Gv 20,6-9).

La parte più difficile è questa, quella di fidarsi di Dio, di credere in Gesù, anche se i nostri occhi non hanno visto quello che speravamo possibile con la forza della fede, della preghiera: la guarigione della persona ammalata o il rianimarsi di quella morta. In fin dei conti sia nel Vangelo, sia nella vita dei santi, quanti spunti avremmo per credere che da quel sepolcro vuoto veramente è partita la novità travolgente!  La morte è stata sconfitta dalla VITA; dalla risurrezione di Gesù in poi, il pungiglione della morte è stato decapitato e il soffio della Vita HA VINTO! Ecco, è proprio questo Soffio Vitale, lo Spirito Santo, che ci guiderà alla Verità tutta intera e ci parlerà delle cose future.

L’Amore non dice cose nuove, ma rende nuove le cose che ci sono già. Accogliere lo Spirito nella nostra vita non significa accogliere quel qualcosa che la cambia, così come il mondo insegna: è una cosa è vecchia? La si rottama e si prende nuova. Dio invece, con il suo Spirito, fa nuove tutte le cose, ma nel senso che conferisce loro uno splendore tutto nuovo, uno splendore che ci aiuta a scoprire ciò che prima non si era mai visto, pur essendo cose viste e sentite da sempre. Comprende molto bene questa realtà la persona innamorata: essa vede bellezza ovunque, anche nei dettagli apparentemente più insignificanti, anche in quel pezzettino di mondo che ha sempre avuto davanti agli occhi ma che ora, sotto l’effetto dell’Amore, si rivela a lui speciale.

Questo capita anche alla morte quando lasciamo che essa venga trasfigurata dalla Luce della fede nella risurrezione di Gesù. Allora il dono dello Spirito, il dono della fede, diventano il collirio misterioso che cambia il nostro sguardo su tutto, sulla nostra vita, su ciò che abbiamo vissuto, su ciò che abbiamo fatto, sulle persone che abbiamo incontrato, su quello che abbiamo sofferto e su ciò di cui abbiamo gioito. Quando lasciamo entrare in noi lo Spirito Santo, anche nelle ferite più profonde, Egli riempie di promessa ogni cosa. In un certo senso dà un destino a tutto ciò che esiste. E per destino non si intende un finale già scritto, bensì un fine, un significato, un senso. Lo Spirito Santo è l’Amore di Dio che vivifica, che dà senso alla vita. Egli sussurra all’orecchio del cuore che siamo nati per il Cielo e che, se non si affrontasse tutto ciò che la vita ci mette davanti, senza avere nel cuore la nozione dell’eternità, il Cielo che ci canta dentro, che senso avrebbe fare tanta fatica sotto il sole?

LA MIA EREDITÀ È MAGNIFICA
“Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, la mia eredità è magnifica”   (Sal 15,5-6).

La missione di Daniela continua in un modo completamente nuovo, sempre vivo, attuale, presente. Interrogata su come viva la presenza di Daniela oggi, mamma Pasqualina risponde: “Io l’ho sempre sentita e la sento presente. Non c’è giorno e non c’è circostanza dove non invochi il suo aiuto, il suo consiglio e lei non mi risponda. Le sue non sono risposte come quelle a cui noi siamo normalmente abituati, tu chiedi una cosa e subito dall’altra parte ti arriva la risposta. Lei non fa così! Quando ad esempio mi trovo davanti ad un problema che mi causa angoscia o eccessiva preoccupazione, mi rivolgo a lei invocando il suo aiuto, e il problema si risolve in un modo che poi mi fa dire: Ma perché mi sono preoccupata tanto! E nel cuore mi ritorna la pace e il sorriso sul volto. Quante questioni di casa abbiamo risolto e risolviamo insieme. Proprio com’era un tempo: lei con la sua vivacità e allegria riusciva a minimizzare le cose, smorzare le tensioni, così continua a fare ora con me: le cose umanamente difficili, lei mi aiuta a renderle più facili e far tornare la pace. Inoltre le ho affidato i nostri nipoti perché sia il loro Angelo custode. Sono certa che veglia su di loro”. 


Anche la sorella Brunella ci parla della presenza di Daniela, ma con un’altra singolare sfaccettatura che, a dirla tutta, è poi quanto afferma anche mamma Pasqualina: “Spesso guardo i miei figli e riconosco in loro tante similitudini ”. Pertanto la missione della nostra cara Daniela sta continuando. Ha solamente bisogno di essere vista con occhi e cuore nuovi; nella Comunione dei Santi tutto è possibile, altrimenti come si spiegherebbe quest’affermazione di Gesù fatta ai Suoi, poco prima di donare la Sua vita? “Credetemi. Io sono nel Padre e il Padre è in me. Almeno credetelo a motivo delle opere. In verità, in verità io vi dico, colui che crede in me farà anche lui le opere che faccio io. Anzi, ne farà di più grandi perché io vado al Padre e tutto ciò che domanderete in nome mio io lo farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio” (Gv 14,11-13). 
Daniela carissima, la tua MISSIONE SPECIALE ci sta riservando grandi sorprese! Grazie di cuore e buon lavoro. Conta sulla nostra collaborazione!



TESTIMONIANZE
“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano”.  (Mt 5,16)

Milena O.: “Daniela è stata la mia prima e unica Amica del cuore. Quel posto è suo per sempre! Con lei, da brave adolescenti, ci siamo fatte tante confidenze, cose solo nostre, che custodisco gelosamente nel cuore e nella mente. Lei era la persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto, solare e sempre pronta ad affrontare tutto, bello e brutto. Aveva fretta di crescere e di diventare grande. Aveva sempre voglia di ridere e di scherzare. Daniela aveva anche una gran luce intorno a sé, sempre pronta ad aiutare gli altri, senza pensare a conseguenze o costi… andava bene tutto, pur di aiutare. Le piaceva tanto scrivere lettere e ascoltare musica. Le piacere sentirsi amata dai suoi cari e da me. Non sopportava dividermi con altre amiche. Ricordo con gioia le nostre domeniche pomeriggio passate insieme, per mano, come due sorelle. Questi i ricordi più belli. Poi, purtroppo, ci sono anche quelli più bui che posso riassumere così: in una delle tante lettere che mi scrisse, si espresse così: “Ho visto mia nonna piangere sul balcone e parlava di me… Ho paura, aiutami, ho paura di avere qualcosa di brutto”. Purtroppo… non l’ho potuta aiutare… e questo mi devasta. Comunque ancora oggi Daniele è la mia Amica del cuore. C’è ma non come la vorrei io!”

Cinzia B. : “Gli anni sono trascorsi e tante cose sono state rimosse per il troppo dolore… così è più facile sopportare. Però Daniela, la ricordo sempre come una cara Amica, una persona positiva, sempre allegra, dalla risata contagiosa e dalla battuta simpatica, per tutti. Non fosse stato per l’evidente terapia e i vari ricoveri, nessuno avrebbe mai potuto sapere del suo male. Ha combattuto fino alla sua trasformazione in Angelo. Ora da lassù veglia su tutti i suoi cari, sovrastata dall’aura celeste”

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Oggi mi è più facile pensare a quali fossero i miei vissuti e i miei sentimenti in quegli anni e di quei momenti. Il ricordo che ho di Daniela è quello di una bambina allegra e dispettosa a cui piaceva ridere, giocare, scherzare  e “combinare” marachelle nei pomeriggi che noi trascorrevamo alla Madonna quando andavamo a trovare i nonni. Quando Daniela si è ammalata io, che avevo da poco iniziato a lavorare come infermiera, avevo sentito forte il bisogno di trascorrere parte del tempo libero con lei, per cui mi sono trovata ad arrivare dapprima a Cuneo e poi a Bologna il giorno dell’intervento. Sarà stato un caso?
Daniela non si lamentava se non le chiedevi espressamente se avesse dolore e, soprattutto all’inizio della malattia, conservò la gioia e la speranza di tornare ad incontrare i suoi amici. I viaggi della speranza in treno verso Bologna aprivano intanto grandi interrogativi sul perché dovesse ammalarsi così gravemente una ragazzina che era l’emblema della gioia di vivere, un bellissimo bocciolo che doveva ancora sbocciare alla vita? Interrogativi questi, che umanamente non trovavano risposta. Gli ultimi giorni furono faticosi e oggi, ripensandoci, mi sembra di aver trascorso molto tempo in quella casa. Sarà reale o è il vissuto della fatica del momento? La relazione con lei passava attraverso le carezze e poche parole bisbigliate; spesso tra le sue mani c’era la corona del Rosario. Un giorno, ormai allettata in una camera quasi sempre in penombra, indicando con la testa un angolo della camera sussurra: “C’è una luce bianca... ”, “dove?” le chiesi. “Lì, all’angolo”... ma Daniela aveva già quasi perso la vista...

 Monica


Come Sacerdote e parroco della comunità di Canale ho avuto modo di partecipare alla sofferenza ed alla speranza della famiglia Gallino attorno alla loro figlia Daniela  deceduta all’età di 15 anni. Anzitutto ho il ricordo chiaro di una bella famiglia.
Nonno Carlo, anziano contadino appassionato di sport (ciclismo e pallone elastico), con la moglie Lucia Povero. Nella stessa casa: la famiglia di Daniela con papà Guido, mamma Pasqualina e le due figlie Brunella e Daniela molto legate tra loro, anche se diverse nel carattere. Famiglia “di una volta” diremmo oggi, laboriosa, unita nell’affetto e nel rispetto ma soprattutto profondamente religiosa. Nella casa Gallino erano visibili i riferimenti della famiglia definita dal Concilio “piccola Chiesa domestica” dove si onorava il giorno festivo, la preghiera quotidiana, l’ascolto della Parola e la partecipazione alla vita della comunità.

La famiglia Gallino era solita  condividere in modo conviviale momenti e ricorrenze  di tutta la parentela per la gioia di trovarsi  insieme. Quest’unità aiuterà Daniela a reagire al male che venne a farle visita troppo presto. Anche noi Sacerdoti della comunità di Canale, insieme alle monache Adoratrici del S.S. Sacramento, alle suore dell’asilo, e ai ragazzi dell’oratorio, abbiamo vissuto quel periodo di sofferenza con grande partecipazione intensificando le nostre preghiere e suppliche alla Vergine per la sua guarigione.

Io, insieme al  confratello don Conti, cugino di famiglia e parroco di Montegrosso d’Asti, ci siamo recati a Bologna presso l’ospedale dov’era stata ricoverata Daniela, per testimoniare a lei e alla sua famiglia la nostra vicinanza nella speranza. Ma purtroppo il male non accennava a regredire. In quel periodo Daniela, sempre curata amorevolmente dai suoi cari, rimaneva quasi tutto il giorno a letto, stava perdendo la vista e l’udito, ma continuava a pregare stringendo fra le dita la corona del Santo Rosario. Anch’io intensificai le mie visite portando a lei alla sua famiglia quella consolazione che un Sacerdote può testimoniare: l’Eucaristia, la preghiera e l’affetto sincero. Mi fermavo accanto a lei accogliendo anche le sue confidenze.

Un giorno mi disse che aveva visto la Madonna per alcuni istanti, era vestita di bianco e le sorrideva. Lo raccontava anche ai suoi cari e lo aveva annotato su un piccolo diario che teneva sempre con sé. Nel mio cuore mi chiedevo “l’avrà vista davvero? O era un messaggio di quel che sarebbe accaduto?”
Feci la proposta all’allora Vescovo Giulio Nicolini di una sua visita a casa sua. Accettò subito e venne con l’attenzione e l’affetto di un pastore pieno di tenerezza e capace di infondere coraggio e fiducia, e in quella visita, oltre alla Comunione eucaristica le amministrò anche l’Unzione dei malati. Pregammo tutti insieme con profonda commozione. Il giorno 15 febbraio 1991 Daniela ci lasciava. Sulla collina di Loreto stavano spuntando le primule.

Al funerale c’era tutto il paese di Canale. Una folla immensa: adulti, mamme, giovani, ragazzi. In tutti una domanda “Perché? Perché così giovane e con tanta sofferenza per lei e per la famiglia?”, domande che restano e che ci accompagnano sempre. Attorno a Daniela ho visto non solo dolore ma rispetto, delicatezza, cura, amore, speranza… queste cose non vanno mai perdute! Ci sono cose che qui in terra non comprenderemo mai senza un dono particolare dello Spirito di Dio che Gesù chiama SPIRITO CONSOLATORE. Di consolazione ne abbiamo tutti bisogno. Nessuna vita è inutile. Sulle nostre colline in primavera spuntano dei fiori bellissimi; hanno colori straordinari, ci fanno gioire, durano solo pochi giorni poi scompaiono. Ma nessuno dice: “sono inutili” perché sono stati un segno della bellezza di Dio  ed un annuncio di quello che verrà.
La nostra fede cristiana ci dice che “Quando moriamo è Gesù che viene a prenderci perché in Lui la morte non esiste più.”

Don Angelo Conterno

Di quel periodo in generale non ho tanti ricordi di Daniela. Tuttavia ho un fermo immagine, come se Daniela fosse qui adesso, di una volta che venne a casa mia, io le aprii la porta e me la trovai lì bella, ben sistemata e sempre con il suo solito sorriso accattivante. Non ricordo se poi siamo uscite o rimaste in casa. Di lei ricordo che non era più “bambina”, ma già “ragazzina”, correva avanti… Forse nel suo cuore sapeva già che non poteva vivere, fermarsi. Il destino ha voluto che la sua nipotina, che le assomiglia caratterialmente moltissimo, diventasse amica e compagna di scuola di mia figlia.
                                                                                                           Stefania R. 

ARRIVEDERCI  IN  CIELO

Quando Gesù ha compreso che era giunta la sua ORA, si è congedato dai suoi discepoli con queste stupende parole:

“ Non si turbi il vostro cuore. credete in Dio e continuate a
credere anche in me. Ci sono molti posti nella Casa del Padre,
altrimenti io ve l’avrei detto; io vado a prepararvi un posto.
E quando sarò andato a preparavi un posto, tornerò a prendervi
Con me, in modo che là dove sono io ci siate anche voi”. 
(Gv 14,1-3)

Gesù abita già fin da ora nel nostro cuore. L’inabitazione che Egli si è già preparato in noi non viene distrutta dalla morte, bensì trasformata nell’abitazione eterna che Egli ci ha preparato presso il Padre. Considerato che Gesù è il primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle che siamo noi, quello che crediamo di Lui lo possiamo dire anche delle persone care che ci hanno preceduti nel sonno della morte. Anche loro collaborano a prepararci un’abitazione eterna presso Dio.

Quando una persona cara torna al Padre, prende con sé e porta a Lui tutto ciò che ha condiviso con noi: i dialoghi, l’amore, le lotte, le lacrime… tutte le esperienze della nostra vita quotidiana. Portandosi dietro tutto questo, i nostri cari prendono questa parte di noi e la porgono a Dio. Pertanto una parte di noi è già presso Dio insieme con loro. Quando arriverà la nostra ora, non finiremo in un qualcosa di sconosciuto, ma nell’abitazione che Gesù e le persone da noi amate che ci hanno preceduto hanno preparato per noi. Lì troveremo la nostra abitazione definitiva e ci sentiremo per sempre a Casa.
Daniela carissima e Angeli voi tutti, INsieme a Gesù preparateci un posto in Cielo e noi, ancora pellegrini su questa terra, canteremo:

Quale gioia, quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore”.
E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!
Gerusalemme è costruita come città salda e compatta. Là salgono
insieme le tribù, le tribù del Signore, per lodare il nome del Signore. 
(Sal 121)

L'amore che hai vissuto non morirà perché amare significa dire all'altro, all'altra: Tu non morirai. Anche nell'eternità, presso Dio, tu continuerai ad amare le persone che hai amato sulla terra, ma le amerai in modo nuovo e attualmente incomprensibile. Sarà un amore senza malintesi e senza gelosia, un amore puro che gioisce per la presenza dell'altra persona, un amore che non conosce i limiti del tempo e dell'amor proprio, un amore divino che ti congiunge contemporaneamente a Dio e alla persona amata".

La pagellina di Daniela

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