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MEISTRO EMILIANO IL “NATO GIÀ GRANDE!”
“Era come un cedro del Libano; bello nella sua altezza e nell’ampiezza dei suoi rami, poiché la sua radice era presso grandi acque”. (Ez31,3.7)
S. ANNA DI VALDIERI (CN) - CEVA (CN)
“Io, la Sapienza, possiedo la prudenza e ho la scienza e la riflessione. Io amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi troveranno”. (Prv8,12.17)
Questo nuovo profilo si apre in modo alquanto originale. Il preludio alla storia di Emiliano inizia con l’avventura di due fidanzatini: Daniele Meistro, di diciannove anni, originario di Ceva, un piccolo centro del cuneese sito nella Valle Tanaro, all’epoca in servizio di Leva; e Daniela Rabbia, diciassettenne di sant’Anna, una frazione di Valdieri, piccolo centro montano in Valle Gesso. Come la maggior parte degli adolescenti,Daniele e Daniela hanno fretta di provare e di sperimentare, con scarsa consapevolezza delle conseguenze che determinate scelte comportano. Ed è così che Daniela, appena ragazzina, si ritrova a portarein grembo il dono inestimabile della vita.Una storia che si ripete spesso, soprattutto ai giorni nostri, quando sono sempre di più coloro che scambiano, quasi fosse un gioco, anche quanto c’è di più sacro, comeè la vita. Sono molti i giovani che, giunti a questo punto del “gioco”, decidono di non assumersi le responsabilità che ne sono derivate. Nella “società dello scarto”, come ama dire Papa Francesco, c’è sempre meno spazio per le parole: rinuncia, sacrificio, fedeltà, prudenza, attesa.
Quanto è stato costruito sulla “sabbia” all’arrivo delle inevitabili difficoltà vacilla fino al crollo. Ma con Daniele e Daniela ci troviamo di fronte aduna storia diversa: questi giovani vogliono assumersi le loro responsabilità. Il primo passaggio è informare le rispettive famiglie circa le loro intenzioni. Si discute, si valuta e, alla fine, arriva il primo via libera. Il secondo passaggio è quello di ignorare i giudizi sommari delle persone. Niente paura! La loro motivazione è più forte di qualsiasi pregiudizio, nulla li ferma nel portare avanti l’opera iniziata. Il terzo passaggio è realizzare il desiderio che il loro Matrimonio sia benedetto dal buon Dio.Viene informato della cosa don Tonino Gandolfo, parroco di S. Anna, che in un primo momentonon sembra assolutamente propenso.
Però,ascoltando e ragionando con i due fidanzatini, comprende che la loro relazione è seria e pertanto acconsente alla celebrazione di questo Matrimonio.Chiesti e ottenuti i dovuti permessi, vista anche la minore età di Daniela,procede a benedire questa nuova famiglia cristiana, sabato 25 ottobre 1980, alla presenza dei testimoni: Tonello Nella e Rossotti Bruno.
Stando ai fatti, bisogna dire chequesta scelta non è stata di certo azzardata o sbagliata, perché Daniele e Daniela sono insieme da ben 38 anni! Vogliamo qui sottolineare un particolare interessante. La grande statua di Sant’Anna, in questa chiesa a lei dedicata, fu scolpita da un rinomato scultore di Boves (CN),che utilizzò un grosso tronco di legno di abete portatogliproprio dal bisnonno materno di Daniela, Giuseppe Rabbia. Sicuramente Sant’Anna ha benedetto questi suoi “nipoti”.
EMILIANO DIVENTA FIGLIO DI DIO
“A quelli che lo accolsero dette il potere di diventare figli di Dio; a quelli che credono nel suo nome”. (Gv 1,12)
Siamo nell’anno 1981: ora i nostri due sposini sono pronti per compiere il loro secondo grande passo. Subito dopo il matrimonio, mentre Daniele sta proseguendo il servizio militare, Daniela viene accolta a Ceva dai suoceri Luigi e Franca Roascio.Collabora nel loro ristorante di famiglia “Al cotonificio”. Rimarrà qui per una decina d’anni,finché, a causa della malattia della signora Franca, l’esercizio non verrà chiuso.
Ed è proprio a Ceva che, nell’ospedale “Poveri infermi”sboccia un nuovo bellissimo fiore: Emiliano Meistro. Se l’inizio di questa nuova avventura è stato difficile, il parto di Emiliano non è da meno, nonostante ogni sforzo sia ripagato dalla grandissima gioia di poter stringere tra le braccia una nuova creatura, che diventerà motivo di tanta gioia, ma, ahimè anche di grande sofferenza. Due aneddoti segnano questo parto. Il primo riguarda la “fatica” di Emiliano per venire alla luce. Mamma Daniela racconta: “Sono stata ricoverata in ospedale una decina di giorni in anticipo sulla data prevista per il parto, in quanto il piccolo era podalico. I giorni di ricovero da dieci giorni sono diventati venti perché,nonostante diversi tentativi, Emiliano proprio non voleva saperne di nascere. Guardavo le altre mamme ricoverate per partorire: una volta aiutate con un’ iniezione particolare che stimola le contrazioni, dopo qualche ora partorivano. Anche a me fecero le stesse iniezioni, più di una volta, ma sempre con scarsissimi risultati.
Ero quasi “disperata”. Ma ecco arrivare il bel giorno, finalmente! Dopo questa estenuante battaglia di tira-molla, Emiliano si è deciso. Sabato 28 marzo 1981 ha detto con un forte grido: Ci sono anch’io! Accidenti, mi sembrava quasi un piccolo torello. Pesava ben 3 chili e 460 grammi e, dopo le prime reciproche presentazioni, ho subito notato che possedeva una gran voglia di vivere. Suo papà Danieleè arrivato giusto in tempo per partecipare al parto. All’epoca è stato uno dei primi papà a cui è stato dato il permesso di entrare in sala parto. ll medicocome vide Emiliano per la prima volta, esclamò: “Gli mancano solo gli occhiali, poi è tutto suo padre!”.
Il secondo aneddoto legato alla nascita di Emiliano ci viene raccontato, ancora una volta, da Daniela: “In camera con me c’era un’altra donna, piccola di statura, minuta. Avevo notato che era angosciata, anche se non parlava. Io, al contrario, sentivo proprio la necessità di scambiare qualche parola con lei. Così, con semplicità, le chiesi se avesse dato alla luce un bimbo o una bimba. Ella, con voce fredda edistaccata, mi rispose: “ È morto! Filippo è morto ”. Questa risposta mi ammutolì. Calò pertanto il silenzio e poco dopo la portarono in un’altra stanza. In seguito venni a sapere che era la moglie di un medico. Questo fu il mio primo incontro con la cruda realtà della morte. Mai e poi mai avrei potuto immaginare che, 18 anni dopo, anch’io e mio marito avremmo sperimentato la stessa angoscia di quei poveri genitori. Comunque sia, quell’episodio mi segnò e non poco!”.
Mamma Daniela, uscita dall’ospedale, si prepara intanto per un altro grande passo:nel duomo di Ceva dedicato alla Beata Maria Vergine Assunta, domenica 10 maggio 1981, il parroco don Alberto Pronzalinoamministra al neonato il dono del Battesimo. Gli fanno da padrino e madrina Bruno Rossotti e Maura Rabbia, sorella di Daniela. Mamma Daniela, in riferimento a questa celebrazione ricorda che: “ La nonna materna, Mariuccia Commetto, donna di una volta, donna di grande fede, con l’autorità acquisita negli anni esigeva che il piccolo diventasse Figlio di Dio con il Battesimo, il prima possibile. Fu accontentata. Mentre – continua mamma Daniela -, era interessante la pretesa del nonno materno, Andrea, che più guardava Emiliano, più cercava di trovare nel piccolo qualcosa che lo facesse somigliarea lui”. Dopo la celebrazione in chiesa, ci fu per tutti gli invitati un momento di festa nel ristorante di famiglia.
TRA ALTI E BASSI LA VITA CONTINUA
“Tanta gente ci voleva impaurire e diceva: Le loro mani desisteranno e il lavoro non si farà. Ora invece le nostre mani si sono irrobustite”. (Cfr. Ne 6,9)
Calato il sipario su questo bel momento di festa, la vita riprende nella sua quotidianità, tra alti e bassi. Man mano che si entra in questa storia, umanamente verrà da aggiungere: una vita con “più bassi che alti”.La nostra famiglia rimane a Ceva per una quindicina d’anni circa. Daniele termina il servizio di Leva e, fin da subito, si dedicaa più attività lavorative. Inizialmente i risultati non sono quelli sperati, finchè non prova il lavoro che svolge ancora oggi, o in proprio come padroncino o lavorando come dipendente per qualche ditta: quello di camionista. Daniela invece, come detto sopra, lavora per qualche anno nel ristorante “Al cotonificio”. Poi, una volta cessata l’attività e venduto il ristorante, prova a gestire un negozio di frutta e verdura che, però, non riesce a soddisfare le esigenze economiche della famiglia, nel frattempo cresciuta. Infatti, dopo Emiliano, il 23 settembre 1987 è nata Luisa. Il 15 dicembre 1989 Maria Sole. Mamma Daniela trova lavoroin una fabbrica di scarpe. E Emiliano nel frattempo che fa? Si può dire che faccia da papà (e anche un po’ da mamma!) alle sue sorelline, in modo protettivo e generoso. Veglia su di loro, le segue con amore, le aiuta a superare le prime difficoltà che incontrano. In altre parole: insegna loro come sbrogliarsela, così come ha fatto lui quando i suoi genitori, impegnati nel lavoro, non hanno potuto dedicargli attenzioni.Era un bimbo che frequentava la scuola materna, eppure Emiliano aveva già imparato a svegliarsi da solo e a prepararsi in autonomia. Indossava le scarpine senza lacci che la mamma gli aveva comprato proprio per “facilitarlo” in questo compito, componeva il numero di telefono per dire che stava arrivando in negozio. Percorreva circa settecento metri di strada abbastanza sicura, ed eccolo arrivare,da solo, felice e sorridente. Mamma e figlio facevano colazione al bar e poi via all’asilo. Lo stesso copione si ripete anche durante le scuole elementari.Tra fratello e sorelle, si crea un legame stretto e fortissimo.
Intanto alcuni incidenti sul lavoro costringono Daniele a dover cambiare più volte il camion, gravando pesantemente sul bilancio economico della famiglia. Le difficoltà si aggiungono una sull’altra finché Daniele perde il lavoro. A questo punto che fare? Con uno stipendio solo non si riesce a sostenere la famiglia. Daniele cerca lavoro altrove e viene a sapere che la ditta “Boffa Carni” di Boglietto, una frazione di Costigliole d’Asti, ha bisogno di un autista che faccia trasporti e consegne. Accetta subito il nuovo lavoro e nel 1996 la famiglia Meistrosi trasferisce a Boglietto,dove resterà per 12 anni.
Ma ora facciamo un passo indietro.
IL SEGRETO COSTANTE LAVORIO DELLA GRAZIA
“Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la terra, se crollano i monti nel fondo del mare. Fremano, si gonfino le sue acque, tremino i monti per i suoi flutti. Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio, la santa dimora dell’Altissimo. Dio sta in essa: non potrà vacillare”. (Sal 45,2-6)
Come luce di sole che illumina il ritmo dei giorni, così sono le diverse tappe della vita di Emiliano; la realtà soprannaturale della Grazia divina lavora nel segreto del suo cuore e di giorno in giorno lo prepara a sfide sempre più forti.
Due tappe molto importanti della sua vita spiritualesono quelle della sua Prima Comunione, ricevuta domenica 6 maggio 1990, e il conferimento della Cresima domenica 21 maggio 1995, entrambe nel duomo di Ceva. Due momenti diversi ma ambedue finalizzati ad affinare il suo cuore che man mano si apre alla vita.
Mamma Daniela ricorda così il giorno della Prima Comunione: “Il nostro piccolo era bellissimo, raggiante ed emozionatissimo. Mentre lo seguivo in tutti i suoi movimenti, la mia mente è tornata ai provini presentatimi dal fotografo qualche giorno prima della celebrazione. Emiliano era in posa con la tunica bianca e le mani giunte, quando gli dissi: guarda in alto, guarda verso il Cielo. Il bimbo mi ascoltò e il fotografo immortalò quel momento. Veramente nel mio bimboho visto un’espressione angelica! Durante la celebrazione è stato composto e obbediente a quanto insegnatogli durante le prove e ha cercato di vivere al meglio ogni proposta fatta dal celebrante. La sua gioia era piena! Lo fu un po’ meno la nostra, per un fatto increscioso successo nelle prime ore del mattino.
Daniele stava recandosi dai suoi genitori, perché all’epoca non guidavano più la macchina, quando venne a conoscenza di un gravissimo incidente stradale dove, su quattro giovani che viaggiavano nella stessamacchina, non ancora ventenni, tre avevano perso la vita.Tra questi una ragazza che conoscevamo molto bene eRoberto, un amico di famiglia, residente dietro il negozio di frutta e verdura. Le ambulanze, l’andirivieni dei carabinieri,la disperazione dei famigliari, hanno turbato la serenità di quel giorno che avrebbe dovuto essere solamente di gioia. Il mio pensiero di mamma, appresa la notizia da Daniele,è volato al ricordo di quella piccola donna, che all’ospedale quel giorno mi rispose: “È morto! Filippo è morto!”.Più di qualche volta in quella domenica il sorriso si è mescolato al pianto, anche se a Emiliano abbiamo risparmiato tutto, perché per luiquel giorno doveva essere di festa.Fortunatamente avevamo scelto di pranzare in un ristorante molto lontano, a Ormea (CN). Così tra parenti, cuginetti e amici, Emiliano si è molto divertito ed è stato felicissimo. Mentre, come detto sopra, per noi genitori la “festa” è stata segnata da quel brutale incidente. Un fatto che diventerà motivo di costanti raccomandazioni alla prudenzaogni volta che Emiliano salirà su qualsiasi mezzo di trasporto.
Più tranquillo fu, invece, il giorno della Cresima, vissuta come un’unica festa con la sorellina Maria Sole che la domenica precedente aveva ricevuto la sua Prima Comunione. Lo accompagna come padrino di Cresima lo zio materno Adriano Rabbia.Fu anche quellaun’ occasione di gioia famigliare che, nonostante le tante difficoltà che gravavano su di noi, fece come da ammortizzatore. Fuun momento di sosta prezioso, per aiutarci a non vedere solo le difficoltà, ma anche questi spazidi gioia dell’anima, nei quali ricaricarci per ripartire.
Ricarica che, nella nostra famiglia, continua settimanalmente nell’assidua partecipazione alla S. Messa festiva, specialmente finché abbiamo abitato a Ceva. Poi un po’ meno, ma siamo rimasti sempre rispettosi dei forti insegnamenti ricevuti in famiglia”. |